Una piccola riflessione a caldo, dopo la tornata delle elezioni regionali del 20/21 Settembre 2020
di Adriano V. Autino
Il risultato alle regionali del cosiddetto polo libdem – Italia Viva, Calenda e Più Europa – è molto deludente.
Emiliano e Giani hanno mantenuto il governatorato di Puglia e Toscana al PD, De Luca si riconferma in Campania con percentuale altissima. Il PD riprende quota ovunque, ristabilendo la propria leadership dell’area di centro-sinistra (se così la vogliamo chiamare).
I 5 Stelle continuano la fase decrescente, il che non deve stupire, essendo il partito che più incarna la filosofia decrescista di Serge Latouche.
Da libdem, o forse dovrei dire meglio demo-libertario (che non è esattamente la stessa cosa), prevale in me oggi la contentezza per la conferma del declino di Salvini, ed anche per la capacità del PD di contrastare questa destra assurda ed improponibile che ha preso piede in Italia. Chiaramente Zaia, che ha stravinto in Veneto, non è la Lega e non è Salvini.
L’errore, in area libdem, sta nel pensare che il liberalismo possa guadagnare consenso per il solo fatto di esserci. Se le posizioni sono indistinguibili da quelle dei decrescisti — limitate al green deal — non si vede perché la gente dovrebbe votare i libdem. Se non c’è il coraggio di indicare chiaramente le linee di sviluppo industriale d’avanguardia, non ci sarà partita. Renzi, Calenda, Della Vedova, in cosa si sono distinti finora, dal PD? Agitando le loro bandierine prive di reale contenuto non sono neanche riusciti a far mancare i voti necessari al PD, favorendo la destra, cosa che molti temevano (me compreso).
Non parlo di opporsi frontalmente all’ambientalismo. Tuttavia limitarsi all’ambientalismo risulta in una forma soft di decrescismo. La “rivoluzione verde” può essere necessaria, ma non è sufficiente per 8 miliardi di terrestri. Non può più esserci alcuna crescita nel mondo chiuso, soprattutto se si insiste con strategie passive, che assomigliano ai sacrifici che le antiche società tribali tributavano alle divinità per implorarne clemenza.
Così rispondiamo agli eventi climatici estremi rottamando la civiltà industriale, e rinunciando progressivamente alle libertà elementari, come quella di viaggiare, tendenza purtroppo rinforzata dalle pandemie globali come quella che ci ha colpiti quest’anno. Ridurre le emissioni di CO2 come sacrificio principale offerto al dio del climate change. Nessuno osa più neppure pronunciare la parola ‘industria’, uscita di soppiatto dal vocabolario politicamente corretto. Invece di pensare a strategie di mitigazione dei danni causati dal climate-change, per altro praticate in Olanda da tempo. O utilizzare il surplus idrico causato dallo scioglimento dei ghiacci per bonificare i deserti ed aumentare la superficie verde sul Pianeta Terra.
Ma la strategia chiave, quella che può portarci fuori dalle secche dal sistema di crisi globali che attanaglia la civiltà, è puntare in alto, dando inizio alla colonizzazione dello spazio geo-lunare.
Se non si ha questo coraggio è inutile creare partitini, magari condotti da persone serie e rispettabili, ma che non si distinguono, agli occhi degli elettori, dai partiti principali.
Fra l’altro si deve solo al totale sottosviluppo culturale della destra italiana, se non approfitta dell’enorme spazio lasciato dalla sinistra sul tema sviluppo industriale e space economy. Trump, per quanto delirante ed insopportabile su tutti i fronti, ha messo in campo una forte politica industriale, dando impulso all’iniziativa privata nello spazio (laddove Obama aveva lasciato l’imprenditoria spaziale più o meno da sola) e la ripresa decisa del programma di insediamento di una base lunare permanente.
La nostra destra invece non si rende conto, vive nel medioevo. Purtroppo neanche i libdem, nei quali avevo riposto qualche speranza, si rendono conto che avrebbero uno spazio enorme, per avanzare una strategia attiva e propositiva, fortemente votata allo sviluppo, ad un nuovo spirito imprenditoriale ispirato alla responsabilità sociale, prendendo esempio dalle eccellenze come Space X, Blue Origin, Virgin Galactic, aziende nate nel nuovo millennio, ma già capaci di contendere il mercato a giganti dell’aerospace tradizionale come ULA, Boeing, Lockheed Martin, Airbus, costrigendoli a riorientare le proprie strategie in favore dei lanciatori riutilizzabili.
Fra l’altro Emiliano, cui i pugliesi hanno riconfermato la fiducia, crede nella space economy (vedasi il progetto spazioporto di Grottaglie, e le sue proposte di trasformare l’Ilva in funzione aerospaziale). Sarà un caso?
L’avevo detto a Calenda, quando era venuto a Vercelli a presentare Azione, ad inizio Febbraio: mi rispose stizzito che lui si occupa dello spazio “serio”, cioè satellitare, non delle pagliacciate come il turismo spaziale… Ogni commento è superfluo.
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Mi rivolgo a tutti i sinceri progressisti scientisti e tecnologisti, che non si rassegnano alla decrescita, non solo all’area libdem (l’anno scorso mi ero iscritto a +Europa, ma quest’anno non rinnoverò la tessera, deluso dalla strategia democristiana di Della Vedova e dalla totale inconsistenza programmatica).