Il totale fallimento ideologico del governo sionista e di Hamas

Alcune riflessioni in merito alla tragedia palestinese, ed alla guerra genocida di Gaza.

di Adriano V. Autino

Ringrazio Alberto Cavallo per avere commentato e suggerito miglioramenti.

Non si può tacere

Recentemente mi sono incautamente lasciato coinvolgere da alcuni commenti lasciati su un mio post a proposito del genocidio di Gaza. La discussione si è così sviluppata sulla politica del criminale Netanyahu, contro il quale la Corte Penale Internazionale dell’Aia ha emesso un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra. Ne consegue un implicito giudizio – sia pure ancora non supportato da una sentenza – sul suo governo ormai abusivo, che sta in piedi solo finché dura questa guerra assurda ed insensata.

Un attimo, assurda ed insensata, per chi? Per chi si riferisce ad uno schema di valori umanista, senz’altro. Forse meno, per chi si riferisce a – o forse approfitta del riferimento popolare a – schemi di valori estremisti, derivanti da certe interpretazioni dell’antico credo ebraico, o certe frange islamiste che danno un’interpretazione feroce del Corano. Comunque, non sono un teologo, e di solito non vado a frugare nella letteratura religiosa se non per scovare qualche concetto umanista, per me interessante, ed utile per provare a discutere, anche con le testacce più dure. Peraltro, si può rimanere sorpresi vedendo i canali social di ebrei ultraortodossi, dove si vede che sono fortemente antisionisti e la loro interpretazione della Bibbia è pacifista e benevola.

Dunque non cercate il pelo nell’uovo nei ragionamenti che seguono, ma piuttosto la logica, una logica umanista, appunto. Per coloro che leggono “umanismo” e capiscono “buonismo”, non perdete il vostro tempo qui. Certo che l’umanismo è buonista, e persegue il bene, per la nostra specie e per la comunità umana, almeno da Platone in qua.

Dunque, come mi si può definire, prima di leggere i miei ragli? Come un vecchio softwarista curioso, che si aggira nei meandri della filosofia e delle varie ideologie con l’ingenuo intento di acquisire strumenti per “debuggare” la nostra società (intendo la società umana, compresi tutti gli estremisti e le teste più dure). Debuggare, per chi non fosse mai stato del mestiere, significa scovare gli errori (i “bug”) e provare ad eliminarli, una volta resi evidenti e comprensibili alla maggioranza degli individui. Consapevole della grande delicatezza del tema, ho comunque chiesto aiuto ad Alberto Cavallo, mio buon amico e membro sin dalla fondazione, del Board di Space Renaissance International. Con Alberto ho una discussione pressoché continua sulle politiche spaziali e la prospettiva di espansione della civiltà nello spazio, che può davvero porre fine alle guerre per le risorse sul nostro pianeta, accedendo a risorse virtualmente infinite nel sistema solare. Ma non tratteremo questo argomento qui oggi.

Lo sterminio di 60.000 persone, di cui un terzo bambini, è un genocidio, e non si può accettare

A proposito del genocidio in corso a Gaza, occorre mettere qualche puntino sulle i. La Corte Penale Internazionale dell’Aja, come già accennato, ha spiccato un mandato internazionale di cattura nei confronti di Netanyahu nel 2024, per crimini di guerra, specificamente quelli commessi dopo l’orrendo ed altrettanto criminale attentato perpetrato da Hamas il 7 Ottobre 2023. Il provvedimento non menziona esplicitamente il genocidio. Il carattere genocida dell’azione israeliana è, infatti, emerso nella pubblica coscienza solo negli ultimi mesi, in particolare a seguito della deliberata carestia imposta alla popolazione palestinese, carestia che sta causando la morte per malnutrizione di migliaia di persone, soprattutto bambini. Tuttavia l’ONU ormai non nasconde il giudizio, e denuncia esplicitamente Israele come colpevole di genocidio. Ecco alcune testimonianze in proposito:

I sostenitori del governo criminale di Israele in genere tendono a deviare la discussione su qualsiasi aspetto per evitare di discutere della realtà: più di 60.000 persone assassinate, per almeno un terzo bambini. Che lo si chiami genocidio oppure no, si tratta di un crimine orrendo, paragonabile allo sterminio perpetrato dal regime nazista nei confronti proprio degli Ebrei, ma anche di altre categorie, quali zingari, omosessuali, ed altri tipi non conformi agli stereotipi della razza ariana. Oppure alle purghe ed ai gulag staliniani, responsabili dell’eliminazione di molti milioni di persone, secondo qualche stima addirittura in misura maggiore rispetto ai morti nei forni crematori nazisti (6 milioni).

Basterebbe questo per opporsi con tutte le forze, e fare di tutto affinché il conflitto cessi, ed i colpevoli, in questo caso Netanyahu e la sua cricca, ed i dirigenti di Hamas, siano tutti puniti secondo le leggi del diritto internazionale. Tuttavia, il marchio di genocidio è importante, per la legge, e per non perdere mai di vista di cosa stiamo parlando, anche per coloro che leggeranno di questi anni nei libri di storia.

Antisemitismo, antisionismo, ed il movimento di protesta internazionale

Ci sono diversi punti di vista da cui guardare a questa storia orribile, almeno i seguenti: sociale, politico, ideologico, religioso, filosofico, etico.

Da softwarista curioso, con intento di debugging, non pretendo certo di sviluppare qui, in queste brevi note, un’analisi articolata secondo i suddetti punti di vista (cosa che andrebbe fatta indubbiamente, avendo più tempo). Esporrò quindi le mie considerazioni riferendomi sia pure confusamente a criteri appartenenti un po’ a tutte le categorie menzionate, sperando di essere d’aiuto nel dipanare i diversi bandoli della matassa.

Cominciamo col dire che criticare il governo di Israele non significa essere antisemiti. Personalmente ho sempre avuto enorme rispetto e ammirazione per il popolo Israeliano e la sua grande cultura tecnico-scientifica, che ha raggiunto risultati incredibili in tanti settori vitali per la sopravvivenza e la qualità della vita in zone climaticamente difficili come il Medio Oriente. Ma proprio per questo ancora più grande è la mia cocente delusione, nel vedere che questo popolo meraviglioso (benedetto da Dio, con questo grande dono nel settore cruciale dell’intelligenza umana?), non riesce a districarsi dal terribile pantano in cui si è cacciato, e si risolve allo sterminio, invece di cercare alternative possibili. Per essere precisi, i termini “Semita”, “Israeliano” ed “Ebreo” non sono affatto sinonimi. Come sostiene Piergiorgio Odifreddi, il termine “semita” include molti popoli, tra cui soprattutto quello arabo. Ne consegue, tra l’altro, che tutti i palestinesi sono semiti. Israeliani sono i cittadini di Israele (non necessariamente tutti Ebrei). Ebrei sono invece gli individui appartenenti a tale ceppo etnico, sparsi, come altre etnie, in tutto il mondo.

Centinaia di migliaia di Ebrei si stanno vergognando di questo stato di cose, e stanno protestando, sia in Israele che all’estero. Il criminale Netanyahu finirà in galera, appena finita questa guerra assurda. Ed è proprio per questo che lui non vuole che finisca, e si oppone con tutte le sue forze al prevalere di opzioni più umane e ragionevoli. Come ci insegna tutta la strabordante letteratura e cinematografia noir e crime, ci sono sempre delle ragioni per le quali il criminale di turno ritiene di “non avere alternative”, di essere in qualche contorto modo costretto dagli altri – i suoi avversari o le sue vittime – a compiere atti sempre più efferati per perseguire i propri obiettivi. Tale subcultura ama intrufolarsi nella psiche malata degli psicopatici, e persino renderceli simpatici, come protagonisti delle storie. Ovviamente ogni essere umano è degno di compassione, anche quando colpevole di crimini orrendi, ferma restando però la necessità della punizione. Ma il tema della subcultura noir è un discorso che rischia di deviare dallo scopo di questa riflessione, anche se non si può negarne la malefica influenza in termini di involuzione culturale, che vorrebbe portarci gradualmente ad accettare l’omicidio e l’ulteriore abbassamento del valore della vita, non certo ai massimi storici, di questi tempi.

Tutta questa politica, in cui si sta sempre più infognando il criminale Netanyahu, rappresenta oggi un lampante fallimento dell’ideologia Sionista.

Leggiamo su Wikipedia (pericolosa enciclopedia in mano ad Hamas, ci diranno i sostenitori di Netanyahu!):

“Il sionismo è un’ideologia politica il cui fine è l’affermazione del diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto a uno Stato ebraico in quella regione che, dal Tanakh e dalla Bibbia, è definita “Terra di Israele”. Tale obiettivo è stato perseguito negli anni attraverso la colonizzazione della Palestina storica, tentando, almeno a partire dagli anni Trenta del Novecento, di ottenerne un territorio il più esteso possibile e di ridurre al minimo la presenza di arabi palestinesi su quest’ultimo.”

Il sionismo è contrario alla religione Ebraica

Per fugare eventuali dubbi terminologici, il Tanakh è l’intera raccolta delle sacre scritture ebraiche, mentre la Torah è la prima parte del Tanakh, composta dai cinque libri di Mosè.

Dunque, una prima domanda fondamentale, cui forse vorrà rispondermi qualche Ebreo non accecato dalla propaganda del suo governo: il genocidio in corso, può essere giustificato, se non apertamente rivendicato, in nome delle Sacre Scritture, l’Antico Testamento, la Torah?  Sembra che la risposta l’abbiano già data moltissimi ebrei. Tutti gli ultraortodossi dicono addirittura che il sionismo è contrario alla religione ebraica. Moltissimi ebrei laici si stanno adoperando contro le azioni del governo di Israele, compresi attori, scienziati, registi ecc.

Sì, comunque parliamo di sacre scritture, quindi compresa la Bibbia cristiana, che origina dallo stesso ceppo, l’Antico Testamento. Il problema dunque riguarda anche noi (non Ebrei), e la domanda andrebbe quindi anche rivolta a teologi cristiani. Anche se c’è almeno una differenza fondamentale: le costituzioni e le leggi di paesi a prevalenza di cittadini cristiani non si fondano sulle antiche scritture, che sappiamo devote a dei crudeli e guerrafondai, certo non umanisti in senso universale. Non parliamo poi delle dottrine guerrafondaie praticate dalle frange islamiche estremiste, che interpretano il Corano in chiave di sterminio degli “infedeli”.

Seguaci non fanatici della fede ebraica e di quella islamica sostengono a buon diritto che sia la Torah che il Corano sono libri che contengono numerosi principi umanisti e pacifisti, e speriamo che questa interpretazione delle Scritture possa prevalere e convincere più di quella guerrafondaia ed antiumana.

Il difetto più grande della politica guerrafondaia è la mancanza di umanismo

Per chiarire, il principio fondante della filosofia umanista (almeno della mia particolare versione, ma anche, per esempio, quella di Robert M. Pirsig, autore della filosofia morale della qualità) è che ogni vita umana è preziosa e non deve mai essere sprecata, perché potrebbe essere portatrice della soluzione di qualcuno dei grandi problemi che attanagliano la civiltà. Quindi lo sterminio di migliaia di persone, ma anche solo un singolo omicidio, costituiscono un attacco alle capacità di sopravvivenza e progresso della civiltà.

Diciamo allora che il difetto più grande, il “bug” che sta alla base di qualsiasi politica di genocidio o anche solo tollerante nei confronti dell’omicidio, è una mancanza di umanismo, e conseguente bassa considerazione del valore della vita umana. Ed in questo difetto tutte le religioni hanno la loro parte di responsabilità: troppo facili ad impugnare lo spadone e partire per le crociate, per dirla in modo semplice. Troppi papi, del resto, sono stati prioritariamente dei leader politici più che autorità morali, e quindi del tutto inclini a strumentalizzare la loro stessa religione per fini politici. Poi ovviamente c’è anche chi parte per la guerra senza bisogno di pezze d’appoggio religiose, vedi Putin e Zelensky, ma questo è un altro discorso, che non so se vorrò affrontare, comunque non oggi.

Israele non ha una costituzione formale redatta in un unico documento, ma il suo ordinamento costituzionale si basa sulla Dichiarazione di Indipendenza del 1948, su un insieme di Leggi Fondamentali emanate dal Parlamento (la Knesset), su regolamenti parlamentari e su convenzioni costituzionali. La Torah costituisce la base dell’ebraismo, contenente le leggi e le storie d’Israele, una specie di costituzione non dichiarata, ma immanente sullo stato di Israele. Ad una interpretazione estremista di tale testo si rifanno in modo assoluto ed assolutista le frange più estreme, oggi colonna decisiva del Governo Israeliano, e fondamentali nell’appoggio della sua politica criminale. Lo stato di Israele, tra l’altro, è assolutamente laico, ed i suoi fondatori erano per lo più socialisti. Solo l’attuale maggioranza ha fatto mettere nelle leggi fondamentali che “Israele è lo stato degli Ebrei”, creando un problema giuridico serio: interpretato in modo stretto, ore Israele non è uno stato democratico, perché non riconosce il principio di eguaglianza.

Il fallimento ideologico di Israele, e dei suoi nemici

Ora, per venire al punto centrale, in questa discussione. Quando uno stato si riduce a massacrare cittadini inermi, perché non è capace di scovare e punire i terroristi colpevoli, testimonia la propria estrema debolezza, e certifica il proprio totale fallimento ideologico.

Solo per elencare alcuni dei principali punti di caduta ideologica, etica e storica del Governo Netanyahu:

  • Aver lasciato che la situazione degenerasse fino a questo punto, come ultimo capitolo di più di 50 anni di conflitto senza avere mai veramente cercato di porvi fine in modo accettabile e proficuo per tutte le parti.
  • Essere stato, come i suoi predecessori, del tutto incapace di sviluppare politiche di inclusione, integrazione e pacificazione sociale.
  • Avere permesso ed incoraggiato i coloni a derubare terra ed abitazioni altrui.
  • Avere sempre agito in base ad estremismo religioso di fede ebraica, in modo specularmente uguale e contrario alla fazione opposta, composta da estremisti di fede islamica.
  • Non saper trovare e punire i colpevoli, dividendo i criminali terroristi dai combattenti e resistenti, che si sono opposti con la lotta armata all’esercito oppressore (ben diversa dal terrorismo che uccide, massacra e rapisce i civili).
  • Non avere mai saputo mettere a frutto la grande superiorità culturale e scientifica di Israele, sia per migliorare le capacità di polizia anti-terrore sia per lo sviluppo di tutta la regione.

Né si può ovviamente tacere dell’altrettanto drammatico fallimento totale della leadership Palestinese, la cui missione principale era difendere il popolo palestinese ed affermare un suo stato indipendente. Questo senza nominare l’altro scopo, assurdo e totalmente velleitario, di eliminare lo stato di Israele dalla faccia della Terra. Cos’ha ottenuto Hamas con la sua vigliacca aggressione, l’assassinio di 1200 persone e la deportazione di più di 250 ragazzi, ormai quasi totalmente decimati? Fra l’altro, l’azione del 7 ottobre non fu nemmeno responsabilità di tutto Hamas, ma della sola ala militare capeggiata da Sinwar, che non informò l’ala politica fino all’ultimo, uno o due giorni prima. Molti leader di Hamas uccisi da Israele non c’entravano con quell’azione, anzi erano (giustamente) contrari. Inclusi I principali capi politici del movimento. Dunque cos’ha ottenuto l’ala militare di Hamas con la sua azione? La propria distruzione e disorganizzazione pressoché totale, la totale complicità con Israele nella rigenerazione di un odio che si protrarrà per qualche secolo a venire, lo sterminio di decine di migliaia di persone, la carestia e la morte di decine di migliaia di bambini – il proprio futuro. L’appoggio ed il finanziamento di Hamas da parte di Israele data da lungo tempo, intesa a dare fastidio all’Autorità Palestinese di Ramallah. Hamas aveva cacciato l’Autorità da Gaza con una guerra civile tra palestinesi, il tutto ben visto da Israele.

Ecco qua. Fortissimo dal punto di vista scientifico, Israele poteva offrire il paradiso a tutti, a Gaza, Israeliani e Palestinesi, e costituire un punto d’eccellenza, nella regione medio-orientale, condividendo le proprie tecnologie e cultura, e facendosi amare da tutte le popolazioni, anche Arabe. Invece ha scelto la morte, l’oppressione, il genocidio, la fomentazione delle formazioni palestinesi più estremiste, facendo naufragare ogni tentativo di democratizzazione e di dialogo. Condannando così la sua stessa popolazione a vivere nel terrore e in uno stato di guerra continua.

Quanto sopra costituisce la mia più grande delusione e sconforto. Un paese avanguardia tecnologica e scientifica del nostro mondo – e quando parliamo di cultura ed intelligenza scientifica creativa più che di etnia è giusto parlare di Israele, la nazione che ha saputo concentrare gli sforzi e le iniziative di ricerca ed imprenditoriali – è stato finora incapace di uscire dalla sindrome dell’accerchiamento, della paura e del terrore. Ha sinora appoggiato in massa le politiche criminali del suo governo.

Il movimento internazionale contro il genocidio

Sinora. Ma nelle ultime settimane abbiamo visto centinaia di migliaia di persone, se non milioni, scendere in strada, chiedendo la fine della guerra e la cessazione della pulizia etnica nei confronti del popolo palestinese. Diversi paesi occidentali riconosceranno lo stato della Palestina. Cresce una grande domanda, alle istituzioni europee e statunitensi: cessare ogni complicità con il Governo genocida, interrompere ogni aiuto ed accordo commerciale, finché la pace non sia stabilita, e si possa finalmente parlare di ricostruire Gaza, insieme ai Palestinesi, e non contro di loro.

Queste semplici parole d’ordine, ormai condivise da una larga maggioranza della popolazione mondiale, esigono maggior mobilitazione, compreso lo sciopero generale, per la pace, perché cessi immediatamente lo sterminio e la deportazione del popolo palestinese, perché gli sia consentito di riorganizzarsi, e votare finalmente una rappresentanza democratica, lontana dal folle terrorismo suicida di Hamas. Riferendoci alla storia di questo sfortunato popolo bisogna osservare che di delusioni ne ha sofferte tante, non solo ad opera di Israele, ma anche delle diverse burocrazie – per lo più corrotte – che si sono avvicendate ad esercitare uno pseudo-potere nella Palestina occupata, in un regime di fatto di apartheid. Dalla “padella” del regime corrotto di Al Fatah sono caduti nella brace di Hamas, movimento militarista che origina dai Fratelli Musulmani. C’è solo da sperare che, dalla immane sofferenza attuale, il popolo Palestinese, o almeno le sue componenti più sane, sappiano trarre orientamenti alla democrazia, libertà, e pacifismo creativo.

Circa la storia di Hamas, movimento “islamista” che ha scelto la lotta armata, Alberto consiglia il libro di Paola Caridi “Hamas”, sottotitolo “dalla resistenza al regime”, edito da Feltrinelli. Paola Caridi è la maggiore esperta di mondo arabo e Palestina che abbiamo in Italia. Per dirla in due parole, alcuni esponenti palestinesi dei Fratelli Mussulmani erano scontenti del pacifismo del movimento e fondarono Hamas per agire con la violenza. https://www.feltrinellieditore.it/opera/hamas-1/

L’iniziativa della Sumud Flottiglia, quale che sia l’aiuto materiale che riuscirà a portare ai Palestinesi, ha un immenso valore politico: è un’iniziativa internazionale ed internazionalista, nata dal basso, che sottolinea le colpevoli mancanze della UE e di tanti governi che sembrano voler dare tempo ad Israele di “finire il lavoro”, cioè sterminare il maggior numero possibile di Palestinesi e deportare i restanti.

Questa iniziativa esprime un coraggio formidabile ed un amore universale per il popolo palestinese, è portatrice di aiuti concreti e di uno spiraglio di speranza, che si possa fare altro per fermare Israele: la lotta e la mobilitazione internazionale di massa (non la lotta armata), la tanto vituperata lezione del ‘900, quando ci vuole ci vuole! Far vedere ai guerrafondai e agli anti-umanisti che sono loro in minoranza, e non noi!

Piena solidarietà e sostegno alla Sumud Flottiglia! Buon vento!

Stiamo pronti a sostenere questa azione con la mobilitazione continua, ed anche con lo sciopero generale, se necessario.

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