11) Avventurieri spaziali gentiluomini

Havelock – Albany – D02-31/10/2042

Albany ha potuto finalmente occuparsi delle proprie urgenze fisiologiche, e sta per entrare nella doccia. Non si capisce quanto sia preziosa l’acqua fino a quando non ne sei forzatamente privato per un numero di ore sufficiente a sentirne seriamente la mancanza. Sta riflettendo su queste banalità, non senza una punta di compassione per il suo ospite, che ha dovuto lasciare fuori, ancora privo dei comfort essenziali. La Havelock, pur essendo stata a suo tempo un cargo spaziale, è stata dotata in seguito di tutte le comodità necessarie per lunghe permanenze in assenza di gravità. Ad esempio tutti gli alloggi sono locati in una ampia sezione rotante, a forma di tamburo, il che permette di godere di gravità simulata quasi pari a quella terrestre. La doccia è quindi una vera doccia, con acqua che cade dall’ ”alto” ed entra nello scarico in “basso”. Mentre sta saggiando con la mano la temperatura dell’acqua, risuona direttamente nella stanza la voce di TB, suo datore di lavoro, nonché proprietario della Havelock. L’ologramma del medesimo, a mezzo busto, compare ad un paio di metri di distanza. Constatato l’abbigliamento adamitico di Albany, l’ologramma di affretta a spegnere il collegamento video…

«Scusa se ti disturbo, Al, ma abbiamo una dannata fretta, e ci sono un paio di questioni da risolvere.»

«Ehm, TB, possiamo parlarne tra dieci minuti? Stavo per fare al doccia.»

«Temo di no. È meglio se vieni subito nel mio ufficio. Dopo potrai fare tutte le docce che vuoi.»

«Come ti pare, ma ti avverto che puzzo come una cagna selvatica.»

Il CEO della RMI (Rota.Mat.Interplanetary) ha già chiuso la comunicazione, e non si sa quindi se ha potuto beneficiare dell’ultima battuta, sarcasticamente offerta dalla ragazza.

La sezione uffici si trova anch’essa nel tamburo rotante, sia pure diametralmente opposta, rispetto agli alloggi.

Albany si è rivestita, con non poco disagio, dovendo indossare biancheria pulita senza essersi prima pulita a sua volta. Del resto non avrebbe potuto, neanche sotto minaccia di tortura, rientrare nei panni densi delle diverse essudazioni accumulatesi durante quasi tre giorni di viaggio e vicissitudini varie. Dovendo e volendo fare in fretta, ha scelto di non camminare lungo tutto il perimetro curvo del tamburo. Si catafotte invece dentro un braccio diametrale, che attraversa l’hub centrale della sezione rotante. Man mano che si avvicina al centro perde peso, e si inoltra nel tubo dandosi grandi spinte sul corrimano laterale. Sfreccia in volo nel centro dell’hub, ed imbocca di misura il tubo che conduce alla sezione uffici, in posizione mediana dell’arco opposto a quello degli alloggi. Presto ritrova il peso, e riprende il cammino, senza riuscire a liberarsi dalla momentanea sensazione di camminare su per un muro verticale.

Finalmente si affaccia alla porta dell’ufficio di TB.

«Allora, che succede capo?»

«Oh bene Pulcino, eccoti qua!» Ridacchia l’interpellato, mentre lei manifesta un’espressione esasperata, nel sentirsi apostrofare con quel nomignolo che sopporta a malapena durante le missioni. “Mamma Aquila”, dal canto suo, è un maturo bellimbusto di età indefinibile. Capelli piuttosto lunghi ma ben curati, come la corta barba e le basette. Occhio scintillante, un’espressione arguta e sorniona, che vuole dare, e ci riesce benissimo, l’impressione di un filibustiere elegante, che non ha paura di niente e di nessuno, ed è certo di avere una soluzione divertente e proficua per tutti per qualsiasi situazione, per quanto difficile. Annusa ostentatamente l’aria tra sé e la ragazza, ed accenna una smorfia di disgusto. Lei chiude gli occhi alzando le sopracciglia, mimando l’emoticon che significa “te l’avevo detto, adesso non ti lamentare”. È chiaro che tra i due esiste una lunga pratica di affettuoso sfottimento reciproco, aspetto visibile di un’amicizia e di una confidenza che non hanno mai valicato il limite del buon rapporto tra capo e dipendente. Anche se… Qualche occhiata un po’ più lunga lascia a volte trasparire che all’uomo non dispiacerebbe forse valicare tale limite. Da parte sua Albany permette occasionalmente ad una propria “innocente” malizia di provocare con delicatezza, senza mai scadere nella profferta plateale. Il carattere di gentiluomo da una parte, ed il timore di cadere nello stereotipo della dipendente che si ingrazia il capo utilizzando il proprio sex appeal dall’altra, hanno finora mantenuto la relazione tra i due sulla traccia di un rapporto di lavoro divertente, certo né grigio né noioso.

C’è anche da dire, se proprio vogliamo farci fino in fondo i cazzi di Albany, che la ragazza non è affatto certa della propria identità sessuale. In realtà qualche anno prima ha avuto una storia sentimentale con una sua amica. E, pur non disdegnando individui di sesso maschile come possibili partner, non ha sinora trovato alcun soggetto di questo genere che sia degno di starle alla pari, nelle sfide verbali che finisce sempre con l’ingaggiare, quando anche solo considera l’eventualità di un rapporto, sia di coppia oppure occasionale.

Si siede dunque sulla comoda poltroncina di fronte alla scrivania, e si dispone ad ascoltare con pazienza quello che ha da dirle il suo capo.

Questi assume un’espressione seria, congiunge i polpastrelli a capannina sul piano della scrivania, sporge e risucchia le labbra un paio di volte, prima di parlare. Poi squadra la sua interlocutrice con quegli occhi che normalmente inchiodano l’interlocutore sulla sedia, avendone catturato completamente l’attenzione.

«Abbiamo un problema.»

«Uno solo? Bene!» Fa allegramente lei. Ma il capo non si lascia smontare.

«Abbiamo messo le mani sul relitto di un vecchio satellite sovietico. O almeno su quello che sembrava a tutti gli effetti un relitto. E ne abbiamo subito rivendicato la proprietà, secondo l’articolo OSA.258, che sancisce il diritto di recupero, rimorchio e sfruttamento per chiunque trovi un rottame o un relitto chiaramente in disuso.»

«Questa è una buona notizia!» commenta Albany, approfittando di una pausa ad effetto di TB. «Ci facciamo un mucchio di soldi?»

«Magari.» Risponde l’uomo. «Per ora vedo solo un mucchio di grane.»

«Uh… come mai?»

«Perché il satellite, che sembrava completamente in disuso, e probabilmente lo è stato per molti anni, in realtà non lo è, o non lo è più.»

Albany risponde con il silenzio, ed un vago cenno interrogativo del capo, un chiaro invito a continuare.

«Il satellite si trova in orbita geostazionaria. Ha al suo interno un server potentissimo, ed un nucleo ripetitore attivo. Tecnologia molto moderna, niente a che vedere con l’elettronica sovietica di 70 anni fa. Completamente cammuffato, esce solo tramite un’antenna parbolica che punta verso il sistema solare esterno. Un’altra antenna, più piccola, punta verso la Terra, e sembra possa coprire interamente lo spazio geo-lunare, mediante limitati riorientamenti alla bisogna.»

«OK, perché mi stai dicendo tutto questo?»

«Perché voglio andarci dentro a vedere, ed ho bisogno che tu venga con me.»

«Mmh… la cosa sembra interessante. Ma che facciamo con il nostro… ospite la’ fuori?»

«E già, questo è l’altro problema. Non sai chi, o cosa, ci hai portato a casa. L’IA della Havelock ha dovuto costruire un doppio muro firewall intorno al drone, per tenere quel demonio fuori dalla nostra rete. Da ore sta tentando in tutti i modi di comunicare con la nostra IA, che sinora è riuscita a tenerlo fuori. Le incognite sono diverse: 1) come fa a comunicare senza alcun mezzo? Considera che il wifi della tuta è ko; appena il nostro firewall lo ha considerato una minaccia gli ha sparato un controvirus che ha completamente annichilito il software della tuta 2) perché cerca così disperatamente di entrare forzatamente in contatto? 3) chi è, da dove viene, quali sono le sue intenzioni? E, la domanda più inquietante, 4) che rischio corriamo veramente anche solo a tenerlo nel nostro hangar?»

Albany si era casomai aspettata che il povero pellegrino si fosse accasciato chiudendosi in se stesso, e non si era nemmeno lontanamente immaginata un atteggiamento così aggressivo. Del resto, ripensandoci, non è poi così strano: vistosi abbandonato, e senza sapere cosa aspettarsi, Angel deve aver cercato di cavarsela con i suoi mezzi, quale che sia il costo.

«Posso rispondere, almeno in parte, a qualcuna delle tue domande. Quel tipo ha negoziato con l’IA di un drone lunare della US Space Force, convincendola ad immobilizzare le tute potenziate dei Marines, ad interrompere la pressurizzazione della camera di ingresso/uscita, riaprire il portellone esterno e lasciarci andare. Tutto questo mentre i Marines assistevano furiosi ed impotenti. Una volta usciti, abbiamo potuto andarcene indisturbati, e nessuno ci ha seguiti. Non chiedermi perché.»

È la prima volta che Albany vede il suo capo sbiancare in volto, qualche goccia di sudore sulla fronte, sbarrare gli occhi e chinarsi verso di lei sulla scrivania: «Scusa, Al, ma per caso ti avevano già interrogata, e registrato il tuo nome e generalità?»

«Ehm… sì…» fa lei, deglutendo un groppo di saliva. Sa benissimo che quello potrebbe essere un grosso problema, e che da un momento all’altro potrebbero trovarsi una vedetta o addirittura un incrociatore della US Space Force al portale della Havelock. Del resto fino a quel momento ciò non è successo, e questo lascia una piccola speranza che quanto affermato da Angel – che nelle memorie del drone dei marines non sarebbe rimasta traccia delle registrazioni effettuate – corrisponda a verità.

«Bene (si fa per dire)» riprende il capo, ricomponendo la sua immagine di cavaliere senza paura, e dopo aver preso velocemente un appunto sulla propria agenda to do. «Per adesso questo problema sembra non esistere, o con più probabilità essere dormiente. Quindi occupiamoci di quello più pressante: il tuo amico la’ fuori. Che ne dici di cacciare semplicemente il drone fuori nello spazio? Ci rimettiamo un drone lunare, ma ci liberiamo di un problema che proprio non saprei come gestire altrimenti. Gli lasciamo cibo ed acqua per un settimana, e carburante per raggiungere qualsiasi destinazione in orbita lunare. Potrà contattare i suoi e farsi recuperare.»

Albany abbassa gli occhi, ed in mezzo alla fronte le compare una piccola ruga verticale. TB sa che questo significa disaccordo, e che la sua dipendente sta esaminando velocemente possibili linee di condotta alternative.

«Mmhh… non credo che possa funzionare. In realtà lui è stato abbandonato dai suoi amici sulla superficie lunare. E, per quanto ne so, se ne sono andati in tutta fretta. Rimandarlo là fuori da solo temo equivalga a mandarlo incontro alla morte. A meno che non programmiamo il drone per portarlo automaticamente alla base americana, o a quella cinese.»

«Uhm… vedo. Un bel casino. E in ogni caso, ovunque lo spediamo su un nostro drone, ci attireremo addosso la curiosità di qualche ficcanaso dotato di sufficiente autorità per procurarci dei guai. In alternativa, visto che devo occuparmi con la massima celerità del satellite di cui ti ho parlato, temo che dovrò fare a meno di te nella mia missione. Hai appena vinto un incarico di grande fiducia: occuparti del tuo amico!»

«Che culo…» fa Albany, con un cipiglio che lascia trasparire tutto il suo — inesistente — entusiasmo. Tuttavia una piccola parte di sé, subito repressa, sembra vagamente rallegrata dalla prospettiva di non separarsi dallo strano astronauta sperduto.

«Ma non può salire a bordo. Lo tiriamo fuori dalla scatola di sardine dove si trova, e lo carichiamo insieme a te su una scialuppa. Tu lo porterai su HEO (High Europe One), lo consegnerai a qualche baby sitter attrezzata, e poi tornerai sulla Havelock, possibilmente dopo aver fatto un bel giro di depistaggio, a beneficio di eventuali curiosi. Sei autorizzata a mettere tutto in nota spese, se vai a diverirti un po’.» TB ostenta un bel sorriso a labbra strette, che vorrebbe significare “visto che così tutto quadra?”, ma in realtà non riesce a nascondere del tutto la preoccupazione, sapendo benissimo che in parte il piano è campato per aria. Non è affatto certo che Albany non si ritrovi i marines alle calcagna appena si avvicinerà all’orbita terrestre. Senza contare il pericolo, per così dire, interno: cosa potrebbe tentare il misterioso pellegrino, una volta da solo sulla navetta con lei?

Del resto, lo sanno entrambi, qualsiasi soluzione più semplice, che portasse a sbarazzarsi velocemente dello scomodo individuo, non sarebbe accettabile, né per TB né per Albany. TB appartiene ad una nuova specie — gli avventurieri spaziali gentiluomini (!) — che si sono dati un codice etico dove il danneggiamento di esseri umani è rigorosamente escluso, in qualsiasi caso. Agire al limite della legge, o anche trasgredire qualche legge considerata ingiusta, non lo impensierisce più di tanto. Ma azioni contro la persona, che possano causare anche indirettamente la morte, gli causano orrore insopportabile. Albany è invece una ragazza dotata di principi morali che a volte sfiorano il moralismo bacchettone: vegana intransigente, non tollera neppure battute di spirito che possano anche indirettamente suonare offensive verso una qualsivoglia minoranza, umana o animale che sia.

Le scialuppe della Havelock sono solo quattro. Lunghe 20 metri, sono navette appena decenti, dal punto di vista dell’abitabilità, ma progettate ed equipaggiate per consentire ad eventuali naufraghi di sopravvivere nello spazio anche per qualche mese. Ovviamente non si parla di gravità artificiale, ed anche la schermatura antiradiazioni non è proprio il massimo, appena conforme ai nuovi standard sanciti dalle normative OSA, ai quali la Havelock si conforma, pena la revoca delle autorizzazioni a qualsiasi attività commerciale o industriale nello spazio.

Albany sa quanto sia grave per una nave come la Havelock rinunciare anche temporaneamente ad una delle sue scialuppe. Significa diminuire drasticamente le possibilità di sopravvivenza dell’equipaggio in caso di naufragio. Si tratta ovviamente di un rischio ipotetico, mentre il rischio che si assumerebbe lei, attuando il piano suggerito dal capo, è dannatamente reale, considerata la quantità di incognite connesse con lo strano individuo attualmente confinato nel drone lunare.

Tuttavia, nei suoi pensieri, lei continua a chiamarlo col suo nome — Angel — e la cosa non manca adesso di causarle qualche turbamento. Si tratta di un individuo pericoloso, ricorda a se stessa, che sta cercando di forzare le difese informatiche della Havelock. Bisogna quindi recedere dal livello di confidenza che le verrebbe per qualche inconsapevole ragione istintivo. Albany possiede però anche un forte senso di responsabilità, che spesso va oltre le sue responsabilità oggettive, costringendola ad assumersi delle gatte da pelare di cui potrebbe benissimo fare a meno. Tutti questi sentimenti contrastanti hanno attraversato la mente e la sfera emotiva della ragazza, che prende la sua decisione, di cui sa già che dovrà pentirsi.

«Va bene. Dammi solo il tempo di fare la mia fottuta doccia. Inoltre devo avere la certezza che, se dovessi essere in grave difficoltà, verrai in ogni caso a soccorrermi. Ah… potrei avere problemi di comunicazione, quindi dammi un codice di una sola parola, che io possa inviarti in caso di estrema necessità.»

«Mi sembra ragionevole, Albany. In caso di necessità mandami un messaggio ad alta priorità contenente la parola “VanRijn”[1]. Adesso vai a a lavarti, intanto provvedo a far schermare la Knight[2], in modo che il nostro invadente ospite non possa far danni da lì, una volta a bordo.»

È una Albany estremamente pensierosa, ma determinata, quella che mezz’ora dopo si avvicina al drone, accompagnata da Cassidy e Trevor, i due membri più nerboruti del team degli spazzini spaziali, come amano definirsi anche sui social network, quando postano le loro immagini e i loro commenti, sempre ironici, per i loro numerosi follower. Tutti e tre indossano tute EVA. Il piano consiste nel far entrare Albany nel drone, mentre i due colleghi stazioneranno appena fuori, per ogni evenienza. Albany porterà fuori l’ospite, e tutti insieme saliranno a bordo della Knight, parcheggiata a brevissima distanza, con il portello di accesso quasi a riscontro diretto con il portello del drone.

La IA della Knight è stata adeguatamente schermata da qualsiasi accesso diverso da quelli precedentemente conosciuti, sui quali è stata rinnovata una password criptata a 1024 caratteri.

Tale accorgimento non sarebbe stato fattibile in tempi sufficientemente rapidi sulla Havelock, nella quale dimorano decine di IA gerarchicamente sottopposte a Jeeves, e tuttavia tutte abilitate a comunicare con l’equipaggio e con entità esterne.

TB non è mai stato incline a complicarsi troppo la vita con sistemi di sicurezza esageratamente sofisticati. Non è un tipo paranoico, ed alla preoccupazione della sicurezza antepone in genere la praticità e la fluidità delle diverse funzioni di bordo, già troppo complicate anche senza aggiungere monumentali procedure di sicurezza. Ovviamente viene il giorno in cui ci si deve pentire di questa leggerezza, ed oggi è proprio uno di questi casi. Oltretutto, dovendo partire con urgenza alla volta del satellite russo, non avrebbe tempo di supervisionare personalmente al necessario irrobustimento della rete di IA della Havelock. Quindi ha preferito incaricare Albany di una missione che spera non presenti criticità molto superiori ad una normale operazione di routine. In fondo si tratterà soltanto di accompagnare il signor Talesbony fino alla stazione High Europe One, in orbita terrestre geo-stazionaria, e lì affidarlo a chi di dovere. Un paio di giorni di viaggio dalla attuale posizione della Havelock, non distante dal punto di Lagrange L1. L1 è un punto lagrangiano non molto frequentato, rispetto ad L4, ed ancor più rispetto ad L5, dove si sta costruendo l’ambiziosa stazione CIS-LUNA O’NEILL ONE.

I punti di librazione di Lagrange nel sistema Terra-Luna

Nella letteratura divulgativa, con l’intento di permettere la comprensione delle meccaniche celesti ai non specialisti, L4 ed L5 sono stati paragonati al fondo di una scodella: se ci metto una pallina di metallo si posizionerà sul fondo, e di lì non si muoverà, a meno che qualcuno non la spinga fuori. L1, L2 ed L3 sono invece paragonati alla sommità di una cupola: molto difficile far rimanere la nostra pallina in equilibrio; basterà un niente per farla scivolare giù. Più comodo e più economico, quindi, stazionare in L4 o L5. Per star “fermi” in L1, invece, occorre una continua correzione di assetto. Sono pochi, quindi, a scegliere quest’area, per sostare nello spazio cislunare. Questo ne fa un luogo ideale per chi non ama molto farsi notare, almeno finché questa tendenza non diventi troppo popolare.

[1]   Nicholas Van Rijn è un mercante spaziale, protagonista di diversi romanzi di Paul Anderson, in particolare nel ciclo della Lega Polesotecnica.

[2]   La Knight era una delle scialuppe della Canterbury, una grande astronave da trasporto ghiaccio, nella serie “The Expanse”, di James Corey.


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