31) Per far del bene a una persona, bisogna prima capire di cosa ha veramente bisogno
Stazione Cislunare O’Neill Uno – Albany – D05-03/11/2042
Albany ha dormito dodici ore ininterrottamente. Negli ultimi giorni, in realtà da una settimana, non aveva potuto godere di un sonno vero e proprio. Si era limitata ad appisolarsi per qualche mezzora, costantemente disturbata da rumori, vibrazioni, brusche mutazioni della temperatura e della pressione, nei diversi ambienti e veicoli che l’avevano avuta ospite. Niente che potesse dirsi un vero riposo.
Non ricorda da quanto tempo non aveva avuto la possibilità di riposare in condizioni di gravità terrestre. La sensazione di essere orizzontale la riporta ad atmosfere casalinghe della sua infanzia, sulle colline del Monferrato, in Piemonte. Sentire il proprio corpo deliziosamente pesante nel letto è qualcosa di impagabile.
Ma la sensazione cambia appena si tira su, mette i piedi a terra, cerca a tentoni le ciabatte, un paio che ha trovato nuove nella camera, chiuse in confezione sottovuoto, in plastica rigorosamente 100% riciclabile, un derivato della canapa. Un leggero capogiro, e la sensazione di pesantezza diventa presto fatica, non appena i suoi muscoli non più abituati alla gravità di 1 G si trovano a dover sorreggere il peso del corpo.
L’umore della ragazza si trova pericolosamente in bilico tra l’ottimismo rilassato che segue a una buona notte di riposo e la vaga depressione che accompagna la stanchezza fisica o un malessere, fisico o psicologico che sia. In qualche modo ordina una spremuta d’arancio, caffè e biscotti. L’UDC obbedisce in silenzio, e inoltra le richieste all’IA dell’appartamento. Sul tavolino nell’angolo cucina una luce calda si accende, accompagnata da un arpeggio di pianoforte, discreto e al tempo stesso avvolgente. Il suono sembra provenire dalle pareti stesse e dal soffitto della stanza… magie della envi-fonia all’ultimo grido. La stereofonia ambientale rappresenta la rivincita degli impianti stereo sulla moda della musica usa e getta, fruita mediante auricolari e piccoli apparecchi come telefoni cellulari, ipod, ecc… Mediante una tecnologia che distribuisce gli elementi diffusori praticamente su tutte le pareti di un ambiente abitativo, il sistema musicale intelligente separa ed isola in tempo reale tutti gli strumenti registrati in un pezzo di musica, e li distribuisce sulle pareti, come se provenissero realmente dall’orchestra. L’ascolto risulta perfino meglio che se l’ascoltatore si trovasse davvero di fronte all’orchestra: in realtà si trova al centro, completamente immerso nell’orchestra. Dopo un periodo di tempo anche troppo prolungato, in cui le tecnologie di registrazione digitale avevano sì reso la musica maggiormente fruibile, ma anche fatto rimpiangere la tecnologia analogica ed i vecchi dischi in vinile, l’ulteriore evoluzione elettronica ha finalmente permesso al digitale di superare l’analogico in qualità. Dinamica, fedeltà, profondità e spazialità del suono permettono finalmente di assaporare gli infiniti colori, toni, sfumature, morbidità e asprezze della musica, sospensioni, vibrazioni e silenzi, con una qualità, immediatezza e disponibilità totali, impensabili fino a pochi anni prima. Tutte le arti hanno beneficiato dell’enorme impulso alla qualità, che si è manifestato come un processo sociale di dimensioni planetarie, non appena l’espansione civile nello spazio ha avuto inizio.
Gli artisti, in particolare i musicisti, si sono gettati senza riserve in questa nuova dimensione, apertasi nel breve volgere di qualche anno. La nuova qualità delle apparecchiature di registrazione e di ascolto ha agito come un feedback positivo sui compositori. I conservatori musicali, inondati di nuova linfa vitale, hanno preso a sfornare generazioni di artisti di livello eccellente, che hanno ulteriormente alzato l’asticella, ponendo nuove sfide all’ingegneria del suono. Le accademie più rinomate del mondo permettono ormai agli allievi più meritevoli di godere di prolungati stage sulla Luna, nei quali i ragazzi provenienti da molti paesi del vecchio mondo si trovano insieme a studiare e sperimentare la musica a gravità diversa da quella terrestre, esposti alle suggestioni dello scenario dove gli esasperati contrasti tra luce e buio costringono la mente e lo spirito a muoversi su piani mai precedentemente esplorati.
Albany è piacevolmente sorpresa. L’arpeggio le ha portato una sensazione molto simile all’entusiasmo, sia pure momentaneo. Richiede quindi all’IA dell’appartamento di riprodurre qualcos’altro. Subito le viene proposto un menù olografico, nel quale sceglie una suite, nel genere che viene definito jazic. Si tratta di un genere che ha cominciato a svilupparsi da quando alcuni compositori si sono trovati a soggiornare per periodi medio-lunghi in residenze spaziali. Ciò che il jazz conferisce al genere è certamente l’improvvisazione, ma il cosiddetto groove ha molta meno importanza. Risuonano spesso i silenzi, un singolo accordo lasciato vibrare, a simboleggiare la vastità dell’universo, molto più evidente, quando ci si trova fuori dall’atmosfera e dal pozzo gravitazionale terretsre. L’interpretazione, la ricerca della qualità del suono, propri della musica classica, hanno molta importanza, come elementi fortemente evocativi e narrativi. La ricercatezza della composizione e degli arrangiamenti riportano ai grandi compositori dei secoli passati, come se, di fronte all’immensità del cosmo, i nuovi compositori avessero voluto ricercare la compagnia ed il conforto dei grandi del passato, Mozart, Beethoven, Debussy, Chopin, Chaikowsky, Massenet, Stravinsky,…
Al contempo è come se volessero portare i grandi con sé, in un dono d’amore che consenta loro di godere degli infiniti gradi di libertà di movimento e di pensiero che si rende possibile lavorando e pensando in tre dimensioni. Il pensiero creativo spazia, esce alla ricerca di atmosfere limpide e cristalline, non più limitate dal “pozzo gravitazionale” del groove, ma libero di muoversi in ambienti vasti e tridimensionali. La sctittura è riportata all’essenzialità e alla profondità dei grandi, sfrondata da qualsiasi manierismo ridondante e ripetitivo, in un contesto lucido eppure fortemente emotivo… come il battito del nostro cuore, di fronte alla maestà della galassia.
Albany è contenta di ascoltare queste meraviglie nel magico surround envifonico, ma è anche triste e inquieta, mentre sorseggia la sua spremuta e poi indugia su caffè e biscotti.
Da quel momento di pochi giorni prima, sulla superficie lunare, non ha avuto più il tempo né la privacy sufficienti, per continuare una riflessione sui propri piani a lunga scadenza: quelli a breve termine hanno richiesto tutta la sua attenzione e capacità di giudizio e decisione. Ora prova a rimettere insieme il presente, gli impegni di lavoro che si è presa (e che per inciso in questi giorni non è in condizioni di espletare), il futuro, quanto mai incerto, ed il suo sogno. Il sogno si colloca da qualche parte e in un qualche tempo nel futuro, ed appare comunque molto connesso al suo conto in banca, che cresce ancora troppo lentamente.
Albany ha un animo d’artista. La cosa non deve sorprendere, visto che il papà, anche se ingegnere e project manager, coltiva quando può la sua passione per la musica. E la mamma è stata una ballerina classica di grande talento e bravura. Nel dna della figlia non potevano quindi mancare, abbastanza marcati, i geni dell’arte. A bilanciare tale forte pulsione, le è stata instillata sin da piccola una sana mentalità pratica, secondo la quale la pancia vuota non aiuta la creatività, e lo stato sociale di bohemien non si annovera quindi tra le opzioni considerate accettabili. Questo non le ha comunque impedito di praticare la sua passione per il disegno, né di frequentare scuole a indirizzo artistico.
Si alza dal tavolino dove ha consumato la sua colazione di riflessione, e viene sommersa da una ondata di tenerezza nei confronti di Angel, che non vede ormai da più di ventiquattro ore, e che sa ormai super impegnato nei test di collaudo operativo del sistema di controllo della grande stazione. En passant, si chiede anche se e come potrebbe lei dare un aiuto, ma al momento non riesce a darsi una risposta, quidi accantona il pensiero.
La personalità di Albany è in realtà molto più complessa di quanto lei esprima in pubblico ed anche in privato, con le persone che le sono più vicine. La famiglia nella quale è cresciuta, prima della separazione dei genitori, l’ha sempre esposta, e ben presto coinvolta, in discussioni sui grandi problemi sociali, economici e culturali. Molto sensibile alle ingiustizie, Albany si identifica spesso con le aspirazioni dei più svantaggiati. Categoria che comunque si sta riducendo percentualmente, nel nuovo corso dell’economia planetaria ed eso-planetaria, in un mondo che è divenuto più grande ed immensamente più ricco di risorse e di opportunità. Fatto sta che la riflessione sociale, e su come lei possa contribuire, con le proprie capacità e i propri talenti, all’evoluzione della società, rimane un sottofondo costante nel suo lavorìo mentale, che raramente si cheta. Il fatto che il clima dell’economia e della cultura si sia finalmente volto al bello, dopo tanti decenni di involuzione ideologica, non esime coloro che l’impulso evolutivo ha voluto malignamente dotare della gravosa aspirazione ad essere interpreti e motori dell’evoluzione, dall’impegnarsi a fondo.
Il bene – riflette, riprendendo un filone di pensiero a lungo praticato nei rari momenti in cui se lo può permettere — è complicato, difficile, precario. Il male invece è facile, immediato, sicuro, duraturo, nei suoi effetti nefasti. Per i lunghi secoli, durante i quali l’umanità aveva lottato duramente per emergere dal pozzo gravitazionale terrestre, questo paradigma era parso immutabile ed eterno, profondamente scolpito nella stessa natura umana. Solamente negli ultimi vent’anni, grazie all’inizio dell’espansione nello spazio, l’egemonia del male viene finalmente messa in discussione nella pratica della grande rivoluzione economica e culturale in atto.
Se si vuole far del bene a una persona, bisogna prima capire di cosa ha veramente bisogno, e quali siano i suoi gusti, i suoi desideri ed i suoi problemi. Altrimenti si rischia di fare ciò che secondo noi è bene, ma per lui o per lei potrebbe non esserlo. Nell’analisi dei bisogni e dei desideri reali delle persone le grandi intelligenze artificiali dei motori relazionali world wide, inizialmente viste con diffidenza, perché sviluppate soprattutto con fini di marketing, hanno dato un forte contributo, mano a mano che i requisiti etici umanisti sono stati inseriti nelle regole delle AI. Ma è stato proprio il marketing, da sempre criticato con sufficienza come un mero strumento per generare profitti, a occuparsi sempre di più delle aspirazioni più elevate nella piramide di Maslov, proporzionalmente al crescente interesse delle persone clienti per i prodotti di alta gamma culturale.
Albany trova una ragione di gioia intima, ogni volta che crede di trovare un fattore positivo in ciò che la critica in rete ha per lungo tempo descritto immancabilmente come negativo, in quanto orientato al profitto. Ordina velocemente alla sua PAI di archiviare questa considerazione, debitamente catalogata per poterla ritrovare, caso mai le dovesse servire in futuro, e torna alla sua riflessione principale.
Nel tentativo di portare gioia e benessere alla gente, un rischio importante è che la nostra intenzione venga fraintesa (perché fa questo? cosa vorrà in cambio?), o di ottenere il risultato opposto, con tutte le buone intenzioni. Se si vuole far del male, invece, c’è tutta una gamma di possibilità: dalle soluzioni semplici ed immediate, persino banali, alle malvagità sofisticate, degne di menti perversamente geniali. Perché per tanto tempo ci sono stati tanti atti terroristici nel mondo, mentre ci sono stati pochissimi atti portatori di gioia e meraviglia? Chiaro: è molto più facile far parlare i giornali piazzando una bomba, piuttosto che far parlare i media in positivo. Portare gioia e buone percezioni costa impegno, il male invece viene quasi gratis, e non c’è bisogno di lambiccarsi tanto.
Albany ripensa a quanto accaduto pochi giorni prima sulla stazione High Europe One. I Joyers chiaramente agiscono in base a tale filosofia: compiere azioni “gioiste”, il contrario del terrorismo, capaci di creare un impatto mediatico portando gioia, anziché terrore. Qualcuno però ritiene di essere stato danneggiato da tale iniziativa, ed ha deciso di agire legalmente contro gli autori. Non solo: suo padre si è trovato a dover firmare una denuncia. Ben sapendo che papà è stato costretto dal proprio CEO, Albany non può evitare di pensare che dovrebbe parlarne con lui. E però non sa bene cosa dirgli, o cosa chiedergli… di fare il Don Chisciotte, rischiando di perdere il lavoro o almeno la posizione che ricopre nel progetto più grande affrontato dalla civiltà, dopo la costruzione delle piramidi?
In realtà Albany, nel suo progetto artistico, si riferisce proprio alla filosofia del portare gioia alla gente. Dopo lunga riflessione, aveva infatti concluso che l’unico modo di portare gioia, per una personalità artistica, è quello di sviluppare al meglio la propria arte, con il maggior impegno possibile. Cosa che non sta facendo. Visto che il suo lavoro per vivere è un altro, riesce a dedicare poche ore saltuariamente alla sua arte, e praticamente zero allo studio ed alla sperimentazione per migliorare la sua tecnica, acquisendo migliori capacità di tradurre idee ed ispirazione in lavori concreti: immagini, disegni, animazioni, filmati.
Avverte anche, del resto, che portare l’arte dove questa è attesa e retribuita – teatri, stadi, ecc… — in qualche modo limita l’aspetto di bella sorpresa inattesa, cosa che invece contribuisce molto a suscitare gioia nei destinatari. E quindi non può che essere favorevole a pratiche come quella dei flash mob, o degli happening, come si sarebbe detto nel secolo precedente. Forse, riflette Albany, dovrebbe semplicemente unirsi ai Joyers, mettendo il proprio talento a loro disposizione. Così facendo, potrebbe inoltre approfittare della scuola sperimentale che, senza alcun dubbio, i Joyers hanno costituito al loro interno.
I problemi da affrontare, riflette ancora, sono enormi. Le questioni irrisolte sono numerose, e Albany si rende conto che non sta neppure provando a risolverle.
Manca persino un concetto, per definire l’azione portatrice di gioia creativa. La vecchia massima virtuosa – il delitto non paga – è apparsa per tanto tempo un concetto superato dai fatti. Il delitto, o comunque l’azione cinica e maligna, ha pagato dividendi molto elevati, almeno a breve termine. I dizionari, per secoli, hanno avuto molte parole per descrivere le azioni malvagie, declinando diverse sfumature del male e di chi fa il male: terrorista, tiranno, criminale, mafioso, assassino, malavitoso. Non c’erano, e ancora non ci sono, altrettante parole per definire chi fa il bene, chi porta gioia e felicità al prossimo, chi fa belle sorprese, chi procura fortuna alla gente. La letteratura e il cinema noir sono stati pieni di figure di serial killer, ma non esiste neppure il concetto di una cultura opposta (pink? celestial?), e non si sapeva neppure come chiamare un portatore di gioia: serial joyer? Serial pleaser? Serial shiner? Nessuna lingua sembrava possedere anche solo il concetto: procurare bene è associato a concetti commerciali o caritatevoli. Procurare piacere ovviamente si coniuga alla pratica della prostituzione, della pornografia o, nel migliore dei casi, alla buona cucina!
Albany aveva cercato a lungo, su dizionari etimologici, dei sinonimi e dei contrari, una parola che significhi il contrario della parola “terrorista”, e non aveva trovato nessun termine soddisfacente. Nei dizionari dei sinonimi e dei contrari, il termine “terribile” ha numerosi sinonimi: spaventoso, formidabile, orrendo, tremendo, terrifico, tutti abbastanza coerenti, a parte “formidabile”, che può avere anche valenze positive. I contrari sarebbero: allettevole, piacevole, attraente, mite, bonario, moderato, misurato! I primi tre sembrano più adatti a uno spot pubblicitario, mentre gli altri deviano su un piano diverso, che non c’entra granché con la gioia, l’armonia, la felicità, il buonumore, l’ottimismo. Anche il termine “terrificante”, i cui sinonimi sono molto simili a quelli del termine “terribile”, avrebbe come contrari: piacevole, attraente, seducente. Se terrificante è certamente e indiscutibilmente male, molto più ambigui appaiono i suoi presunti contrari, che sembrano maggiormente finalizzati ad un più o meno astuto inganno, che al bene! Il termine “terrificare” (sinonimi: incutere terrore, atterrire, terrorizzare) non ha contrari. Il termine “terrore” ha due classi di sinonimi: grande paura, grandissimo timore, sgomento; incubo, ossessione. I contrari sono invece tutti soggettivi: coraggio, ardire, speranza. I termini “terrorismo” e “terrorista” non hanno contrari. Il termine “terrorista” ha invece numerosi sinonimi, che ci fanno capire come al termine la nostra cultura dà una valenza politica piuttosto approssimativa: brigatista, dinamitardo, rivoluzionario, estremista, sovversivo, guerrigliero. Un rivoluzionario e un guerrigliero non sono infatti necessariamente terroristi, magari si trovano loro malgrado a combattere una intollerabile tirannia, e magari stanno ben attenti a non terrorizzare affatto la popolazione! La superficialità dei dizionari confessa, più di qualsiasi vuoto e magniloquente discorso politico, la persistente povertà etica che aveva caratterizzato per molti secoli la società, incapace di separare “il grano dal loglio”, e incapace di definire il bene ed i suoi corollari con termini adeguati.
Una prova estrema di tale povertà culturale è il fatto che alcuni termini, come ad esempio “terrific” e “killer” nel lessico comune vengono usati con connotazione positiva, per esprimere apprezzamento, in mancanza di aggettivi sufficientemente iperbolici, quando si vuole dare enfasi ad una valutazione.
I Joyers hanno sviscerato tutto ciò? Potrebbe, Albany, portare loro la sua riflessione analitica, e aiutarli nel loro progetto?
Mentre indugia in questi pensieri, sente bussare alla porta.
«Un attimo, devo ancora vestirmi.» Albany ha parlato a voce alta, rivolta verso la porta. E si affretta a infilare una blusa ed un paio di pantaloni che ha trovato nell’armadio. Come per magia sono della taglia giusta. Ma probabilmente si tratta proprio di magia tecnologica: sono indumenti dotati di nanobot, che adattano le dimensioni e il taglio stesso alla corporatura di chi li indossa.
Dice all’UCD di aprire la porta, e si trova davanti un anziano signore con una gran barba, abbigliato in una guisa che sembra risalire non solo al secolo precedente, ma addirittura all’800.
«Buongiorno Albany, sono Bonheur.»
«Buongiorno signor Bonheur…»
“Se un fatto accade cronologicamente dopo un altro, non significa necessariamente che tra essi esista un nesso causale.” Albany si ritrova questo pensiero nella mente, associato, chissà perché, alla riflessione che stava rimestando ed alla visita inattesa. Non può evitare di lanciare un paio di rapide occhiate al suo ospite, il genere di sguardi che destano curiosità ed una certa inquietudine nell’interlocutore, che si sente immediatamente oggetto di potenziali imperscrutabili macchinazioni. Ma l’anziano gentiluomo continua ad esibire un caldo e cordiale sorriso, limitandosi ad aggiustare un po’ gli occhialini a pince nez sul naso.
«Prego, si accomodi.» Albany ritrova il sorriso a sua volta, colpita dalla cordiale bonomia dell’altro, e si fa da parte, con un ampio gesto del braccio ad indicare l’interno della stanza.
«No, no, ti ringrazio. Ho immaginato che ti sentissi sola e abbandonata, e volevo invitarti a bere e/o mangiare qualcosa qui, al bar della stazione.»
«Uh… grazie Signor Bonheur! Volentieri. Mi dia solo dieci minuti per rendermi presentabile.»
Bonheur entra e si accomoda su una poltroncina, mentre Albany si eclissa nel piccolo bagno per una doccia e un veloce restauro della sua immagine pubblica. La cucina intanto serve una tazza di caffè fumante all’ospite inatteso.
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