14) Semplice curiosità
GEO, satellite sovietico in disuso – Thanat – D02-31/10/2042
«Prima di accostare, diamo una bella occhiata in giro, Bunai.»
«Temi che qualcuno ci abbia teso una trappola, capo?» Risponde il navigatore nonchè pilota della Havelock. Bunai è un omone grande e grosso, nero, di origine africana. Ostenta un taglio alla moicana che andava di moda forse quarant’anni prima. Il suo aspetto ricorda molto P.E. Barracus, membro dell’A-Team, una popolare serie televisiva degli anni ‘980. È nell’equipaggio della Havelock fin dall’inizio delle attività, e conosce ogni più piccolo particolare della nave nonché… degli affari del suo capo, con cui condivide guadagni, perdite e pericoli. Si dice che conosca Thanat da prima, e gode di una sorta di attenzione particolare e perfino di privilegio, di cui nessuno ha mai capito la ragione, per quanto il pettegolezzo sia uno dei passatempi preferiti, sulle navi spaziali come su quelle oceaniche di una volta.
La Havelock è una specie di cooperativa, nella quale tutti i componenti dell’equipaggio hanno una parte di guadagno, seppure non in parti uguali. Ma Thanat Baogundsai è un principale molto onesto e leale, e in genere mantiene le promesse, anche se non manca di farla pagare a chi non mantiene le proprie. Cosa che, quando capita, lo rende triste e taciturno. Odia la gerarchia come concetto, non gli piacciono le responsabilità che si ritrova addosso, e tende a trattare tutti da uguali. Come si può ben immaginare, questo finisce spesso per essere un problema. TB si aspetta che tutti agiscano sempre secondo logica, secondo gli impegni presi e le proprie responsabilità, e quando questo non succede — come è logico in qualsiasi comunità — ha delle crisi depressive, tende al pessimismo e si chiude in sé stesso. Riemerge qualche ora o qualche giorno dopo, a volte facendo come se niente fosse successo, a volte infliggendo qualche tipo di punizione, rimprovero o reprimenda. Tutto questo in modo totalmente equanime, senza che nessuno si debba sentire perseguitato o pensare di farla sempre franca.
Quella volta che Bunai, avendo bevuto qualche bicchiere di troppo, aveva pilotato con troppa disinvoltura in un campo di piccoli asteroidi, causando alcuni danni non proprio superficiali al vascello, Thanat era riemerso dal silenzio conservando un cipiglio serio e preoccupato per alcuni giorni, senza dire o fare alcunchè. Durante tale periodo, ogni volta che il grosso navigatore aveva cercato di portare il discorso sulla questione, il suo capo aveva alzato una mano nel tipico gesto che tutti a bordo interpretano come “non c’è niente di cui parlare, lascia perdere”. Bunai se ne era andato in giro per la nave con aria afflitta, data la sua stazza, ricordando un grande orso abbacchiato. E tutti avevano capito che quella era la “punizione” a lui riservata, cioè silenzio e comunicazione limitata al minimo necessario per le routine di bordo e di navigazione. Poi le nubi si erano dissipate, ed il rapporto tra i due era tornato quello di sempre, allegro e cameratesco.
«Gli scanner non rivelano presenze nel raggio di 100 km. Il che non vuol dire che qualcuno non ci stia tracciando da più lontano.»
«Ok, accostiamo.»
Lentamente la Havelock si avvicina al grosso satellite. Presto diventano visibili le scritte sulla fiancata della carrozza: “CCCP Телекоммуникации по всему миру”. E così la falce e martello rossa sinistrorsa, con tanto di stella sulla punta della falce. Il tutto ancora perfettamente visibile, come se la macchina non fosse stata il bersaglio di micrometeoriti da più di 60 anni… La massa del satellite è enorme, grande quanto una piccola nave da crociera.
«Ehm, Thanat… sei sicuro che vuoi andare a bordo di quel grosso rottame?»
«Pensi che non dovremmo?» Risponde l’interpellato. Sa che, chiamandolo col suo nome l’amico ha inteso conferire importanza alla domanda. Bunai è l’unico a bordo, a parte Jeeves, che ha il privilegio di chiamarlo col suo nome senza beccarsi un’occhiataccia o, peggio, essere completamente ignorato.
«Ammetterai che le incognite superano di gran lunga quello che sappiamo. Quell’affare gira quassù da almeno sessant’anni, e probabilmente è stato dismesso verso fine secolo. Perché la correzione d’assetto ha continuato a funzionare, tanto da mantenere tutto questo ferraccio in orbita GEO?»
«Evidentemente, dopo che è stato dismesso dai russi, qualcuno lo ha rilevato.»
«Ecco. Proprio qui sta il punto. Il nuovo inquilino ha rilevato il relitto in base ad un accordo con il vecchio proprietario (l’Unione Sovietica), oppure l’ha semplicemente occupato, rimettendolo in funzione per i propri scopi? Come vedi, le possibilità di metterci nei guai sono molteplici. Sia con il nuovo proprietario che con il vecchio, o con i suoi successori…»
«Beh, non sono così pazzo da pensare di rivendicare il recupero e tentare di ricommercializzare il relitto, o quel che è…»
«E allora, amico» riprende il pilota, con le mani sui comandi di navigazione «che ci andiamo a fare?»
«Questa è una buona domanda, Bunai. Semplice curiosità? No, non si rischia la pelle per sola curiosità, non io, almeno. No, qui c’è qualcosa di grosso, che non capisco. Ma questo dannato satellite puzza lontano un miglio di tecnologie sconosciute… Esserci inciampati per caso potrebbe rappresentare un bel colpo di fortuna. In ogni caso, chi trova un relitto nello spazio ha diritto di salire a bordo e verificarne lo stato per l’eventuale recupero.»
Thanat prende una tuta EVA dall’armadio che si trova nella saletta alle spalle della plancia di controllo, la indossa mentre il collega ferma lentamente la Havelock ad una decina di metri dal portello di ingresso del satellite.
«Resta qui intorno, amico. Se ho bisogno ti chiamo.»
Bunai alza il pollice destro, continuando a controllare il volo della Havelock mantenendola alla stessa distanza e senza avvicinarsi troppo.
Sigillato il casco, Thanat entra nella camera di compensazione. Il resto dell’equipaggio non si è visto nell’ultima mezzora… può trattarsi di una discreta manifestazione di dissenso, nei confronti della sua decisione di tornare a bordo del satellite russo? Forse avrebbe fatto meglio a discutere la cosa e sentire il parere del suo team, ma ormai è tardi, riflette fra sé, mentre chiude il portello interno ed attiva la decompressione.
Una volta fuori Thanat rimane per qualche secondo a contemplare la grande massa che oscura le stelle e la Terra, che gira imperturbata trentaseimila chilometri più sotto. “Che diavolo ci facevano i russi con questo bestione quassù? E cosa ci fanno gli attuali proprietari?” Non lo ha confessato a Bunai, ma solo la sua grande curiosità lo spinge a visitare il satellite, le cui dimensioni sono molto maggiori della vecchia MIR, e certamente più corpose della vecchia ISS, e fanno dubitare che si tratti solo di un apparato per telecomunicazioni. Cosa ancora più inquietante, l’aspetto del satellite non rispecchia per niente quello di un satellite. Bunai sta trasmettendo sul display del suo casco un’immagine 3D del relitto, che ruota lentamente. Quello che si nota chiaramente, e che TB non aveva notato durante la breve visita precedente è una sezione prodiera dotata di finestrini. Su quella che appare inequivocabilmente come una sezione di poppa si notano cinque ugelli di propulsione: decisamente troppi, e troppo grandi, per una semplice correzione di assetto in orbita!
A questo punto la curiosità supera di gran lunga qualsiasi propensione alla prudenza. Il vecchio spirito di avventura fa correre adrenalina nel sangue del capitano della Havelock, che si dirige senza ulteriori indugi verso il portello di quella che è inequivocabilmente una grossa nave spaziale.
Sulla destra del portello, la cui dimensione e forma rettangolare consentono un agevole transito all’interno del vascello, si trova un grosso pulsante, che Thanat non esita a premere. Dopo qualche secondo, quasi fosse il portoncino di ingresso di un condominio, il portello si apre con uno scatto, permettendo l’ingresso nella camera stagna. Richiuso il portello, la camera si pressurizza nel giro di un minuto, ed il portello interno si apre automaticamente.
La strumentazione della tuta indica aria perfettamente respirabile, cosa assai inconsueta per un satellite da telecomunicazioni! Del resto ormai Thanat non ha più dubbi che il veicolo in cui è appena entrato non ha più niente a che vedere con le telecomunicazioni, se mai ci ha avuto a che fare. Senza esitare, slaccia la chiusura del casco, e lo ripiega dietro la testa, come un cappuccio. Due buone annusate gli permettono di accertarsi che l’aria non ha assolutamente l’odore di chiuso e stantio che si era aspettato. Al contrario, appare addirittura profumata da qualche delicata essenza floreale. Varcata la soglia interna, si trova in un ampio corridoio che sembra svilupparsi circolarmente, percorrendo tutto il perimetro della nave. L’illuminazione soffusa gli permette di notare che lungo tutto il corridoio si trovano piante, fiori ed aiuole. L’ambiente è incredibilmente piacevole. L’incredulo e meravigliato capitano della Havelock non fa a tempo a muovere tre passi nel corridoio che la voce del suo navigatore risuona nell’auricolare: «Capo! Porta via il culo da lì!»
«Che succede, amico?»
«Quell’affare ha appena acceso i motori!».
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Scrivo anche saggi, sul tema dell’espansione della civiltà nello spazio. Magari vuoi dare un’occhiata?