13) Educati e cafoni
Spazioporto di Cagliari – Vittorio – D02-31/10/2042
In arrivo all’aerospazioporto di Ginevra, Vittorio è ormai rientrato completamente nei panni del program manager responsabile del più grande progetto umano dopo le piramidi. Marika è una presenza dolce, in background, che tuttavia non riesce a distrarlo dalla concentrazione sul problema davvero da incubo di cui è venuto a conoscenza. Il nuovo piano di viaggio predisposto dalla segreteria IA della NOP prevede ora il trasferimento a Cagliari mediante uno shuttle suborbitale, che prende circa 30 minuti, comprese le operazioni preliminari al volo. Preso in carico da Elvi, che opera tramite il suo UCD personale, il piano di viaggio consente a Vittorio di superare senza perdite di tempo tutte le formalità di imbarco, checkin e controlli di sicurezza.
Seduto nella sua poltrona vicino al finestrino sul lato destro della carlinga, Vittorio srotola il suo computer-foglio, che estrude e rigidizza subito una tastiera, permettendo così un rapporto uomo-macchina cui è affezionato, e che non scambierebbe per nulla al mondo con modalità vocali di comando del computer. Va da sé che Elvi è ammessa a curiosare costantemente su tutte le attività informatiche del suo assistito, sia pure costretta a rimanere silenziosa, limitandosi a prendere nota di tutto ciò che può servire a migliorare le metodologie, soprattutto quelle di archiviazione e ritrovo delle informazioni nella sconfinata memoria della macchina. Vittorio impartisce inoltre istruzioni scritte ad hoc, corredate da parole d’ordine tipo ‘archivio’, ‘appuntamento data/ora’, ‘impegno data/ora’, ‘attività priorità x’, ecc. Elvi è ormai in grado di selezionare il contesto, il tipo di attività, e tutti i parametri ed informazioni accessorie, finalizzate alla selezione ed archiviazione analitica per ogni informazione.
La collaborazione tra uomo e macchine sempre più intelligenti, che ha avuto inizio nella seconda metà del ventesimo secolo, ha ormai raggiunto livelli impensabili solo qualche decennio prima. La capacità di autoapprendimento della macchina fornisce un formidabile sostegno al pensiero umano, che può librarsi ad altezze notevoli, non dovendo più preoccuparsi di prendere nota dei pensieri utili che vengono in mente quando meno avresti tempo per occupartene, ma che comunque sarebbe uno spreco dimenticare… Ad esempio, non è infrequente che si presentino alla mente poliedrica di Vittorio idee inerenti al miglioramento dello studio del suo strumento musicale, proprio mentre sta cercando di capire come organizzare al meglio il collaudo finale della stazione O’Neill One. Alla sua età, ha ormai capito da tempo che non è il caso di cercare di disciplinare troppo la propria mente. La musica — ma anche la poesia e l’arte in genere — sono parti integranti della sua capacità di ragionamento, creazione ed invenzione. Ogni volta che nella sua vita aveva cercato di mortificare la propria personalità artistica, in nome di un malinteso intento di razionalizzazione delle proprie forze, aveva visto in realtà diminuire la propria capacità complessiva di ragionamento e di organizzazione nel proprio lavoro. Si rende conto che anche il non aver cercato, negli ultimi anni, dei rapporti intensi e sentimentalmente coinvolgenti con esponenti dell’altro sesso, sembra averlo altrettanto menomato, non in modo irreversibile, spera. Se ne rende conto perché l’inizio di una relazione con Marika (in realtà non sa neppure se possa già chiamarla una relazione) sembra avergli dato una marcia in più, una specie di coraggio che ha affiancato quella sorta di “ottimismo della ragione”, che gli serve per lavorare bene. Vittorio si rende conto della propria anaffettività, di essere come menomato psichicamente, e spera che questo rapporto lo aiuti a riacquistare una capacità empatica e sentimentale. A questa speranza si combina una certa preoccupazione di non deludere la sua quasi fidanzata.
Lo shuttle ha intanto rullato fino ad una delle piste riservate ai voli suborbitali, che non differiscono dalle piste utilizzate dai voli delle linee aeree tradizionali. Ormai tutti gli aeroporti internazionali dispongono di strutture per i voli suborbitali, che stanno velocemente sottraendo mercato ai voli tradizionali. La hostess è passata, dispensando generosi sorrisi qua e là, constatando che tutti i passeggeri hanno allacciato doverosamente le imbragature da bassa gravità. La macchina è un single stage to orbit (SSTO) dotato di motore SABRE, funziona come un jet a reazione per raggiungere quota 30 km, dove passa in modalità ramjet, e punta a quota 90 km, raggiungendo una velocità di mach 5 – 6. L’accelerazione non supera mai gli 1,5 G, come stabilito dalle norme internazionali del trasporto spaziale passeggeri. Il che comunque incolla il passeggero allo schienale del sedile, conferendogli un’esaltante sensazione di “E via che andiamo!”. Gli schienali sono disegnati secondo precisi criteri di ergonomia e contenimento morbido, e sono dotati di veri e propri ammortizzatori, capaci di assorbire, almeno in parte, la poderosa spinta dei motori.
In un paio di minuti il velivolo, che può portare un massimo di cento passeggeri — ma si vocifera di un suborbitale Airbus da 300 passeggeri ormai prossimo alla fase di test — ha raggiunto la quota di crociera, ha iniziato la sequenza di lunghe “planate” sulla superficie dell’atmosfera, che lo porteranno a destinazione. Il volo risulta quindi abbastanza simile alla navigazione di un aliscafo quando si alza sulle “ali”, planando sulla superficie del mare.
All’apice di ciascun balzo e durante la fase di discesa prima del balzo successivo, i passeggeri sperimentano qualche secondo di bassa gravità, con conseguente tensione delle cinghie dell’imbragatura, che un messaggio olografico davanti ad ogni sedile ingiunge perentoriamente di mantenere allacciate. Un paio di bambini strillano eccitati ogni volta che questo avviene. La signora che siede nella fila di sedili davanti a quella in cui siede Vittorio non ha voluto prendere le pillole antinausea fornite dalle gentilissime hostess, e fa abbondante uso dei sacchetti di carta a disposizione di ogni passeggero.
Ma tutto questo non dura che una decina di minuti. È stupefacente sentire la voce del comandante, signora Clotilde Rassinger, che annuncia la discesa verso lo spazioporto di destinazione pochi minuti dopo il decollo, su una distanza che, con un volo di linea atmosferico, avrebbe richiesto almeno un’ora e mezza.
Vittorio viaggia con il solo bagaglio a mano. Sulla stazione O’Neill One dispone di un alloggio piccolo ma confortevole, dove ha lasciato vestiti sufficienti per permanenze anche superiori al mese. Lo shuttle che lo porterà sulla stazione orbitale High Europe One è in partenza tra due ore, quindi c’è tempo per uno spuntino, in uno dei tanti ristoranti e caffetterie che si trovano nel gigantesco spazioporto di Cagliari. Vittorio è in nota spese senza limiti di spesa, privilegio del suo ruolo di program manager della NOP, e quindi opta allegramente per un lussuoso locale che ostenta proposte culinarie decisamente interessanti, a base di pesce (dopotutto si trova in Sardegna!).
Varcata la soglia di ingresso, si trova in un ampio vestibolo. I muri sono costituiti, o più probabilmente rivestiti, da grosse pietre grigie. Nella pietra sono incastonati preziosi inserti in legno di radica. Una miriade di luci, emergenti in modo non diretto da aperture con rilievi in oro, ricavate in modo irregolare nella radica, giocano con le trasparenze di ampi drappi di lucente seta grigia. La sinfonia di raggi di luce tra grigi di diversa tonalità e la lucentezza dell’oro lascia senza fiato, e per qualche decina di secondi Vittorio si scorda la fame, soffermandosi ad ammirare tanta magnificenza. Da quando è iniziato lo sfruttamento di alcuni asteroidi composti di oro, platino ed altri metalli preziosi quasi allo stato puro, il prezzo dell’oro è drasticamente diminuito. Ne hanno tratto enorme vantaggio tutte le apparecchiature elettroniche (l’oro è un eccellente conduttore) ed i complementi di arredamento.
Ma una cameriera bella e sorridente, abbigliata in seta di tonalità grigio chiaro, che quasi si mesmerizza con la stupenda ambientazione del locale, si fa avanti e lo invita alla scelta tra due ingressi alternativi. Sulla prima soglia campeggia la scritta “EDUCATI”, sulla seconda si può vedere un cartello identico, ma recante la dicitura “CAFONI”. Vittorio non nasconde la sua sorpresa e un certo divertimento… Con la coda dell’occhio nota un’elegante signora che ha appena varcato la soglia di ingresso, e viene ricevuta da un giovane cameriere, atletico e galante.
«Prego signore,» esordisce con un sorriso l’avvenente receptionist «qui a sinistra, nella sezione EDUCATI, potrà godere di un servizio impeccabile, il personale ed i camerieri si dedicano interamente e con grande gentilezza ad un solo cliente per volta, non chiacchierano tra di loro facendo aspettare i clienti, non danno retta ad un altro cliente finché non hanno terminato di occuparsi di lei. I clienti — che si suppone siano altrettanto gentili ed attenti — non interrompono il personale che sta servendo un altro cliente, non si avventano sui banchi a self-service spintonando gli altri clienti, non parlano ad alta voce, non urlano al telefono facendosi sentire in tutta la sala, e si astengono da qualsiasi comportamento meno che rispettoso nei confronti degli altri clienti e del personale. Un sottofondo di musica sinfonica, da camera o jazz accompagnerà con discrezione il suo pasto. Troverà le raccomandazioni complete qui, sul retro del menù.»
«Molto interessante!» risponde Vittorio «e nell’area CAFONI, che succede?»
«Semplice: tutto ciò che non è ammesso nell’area EDUCATI è invece permesso nell’aerea CAFONI, compreso fumare, ruttare e scoreggiare a tavola! Il personale le darà retta quando gli aggrada, e comincerà tranquillamente a parlare con altri interrompendo qualsiasi cosa stia facendo per lei, e così via. Un ristorante normale, insomma. Un’unica limitazione: se volesse fare del sesso, con il partner, o anche occasionale, il personale sarà lieto di scortarla in una stanza nel resort annesso al ristorante. Ovviamente questa opzione vale anche nel settore EDUCATI.» chiarisce la ragazza con un sorriso solare.
Vittorio non ha dubbi, ringrazia e procede verso l’area “educati”. Intanto diversi altri avventori entrano speditamente, senza neppure avvalersi delle spiegazioni della receptionist, nell’area “cafoni”… Dalla porta dell’area cafoni si sente provenire un bordello di risate, rumore di piatti e bicchieri, voci che si sovrappongono, ed anche musica leggera a volume decisamente troppo alto. Dalla porta dell’area educati solo un silenzio ovattato, che lascerebbe pensare addirittura che non ci sia nessuno. Nell’oltrepassare la soglia, Vittorio si chiede se alla fine abbia fatto la scelta migliore.
Su un grande schermo olografico, al centro del locale, si assiste ad una conferenza di Jeff Bezos, il grande imprenditore che ha dato inizio all’industrializzazione geo-lunare.
«Sia chiaro, io sono a favore dell’eutanasia, nei casi di malati terminali in stato vegetativo, che abbiano espresso tale volontà.» sta dicendo l’ormai anziano astro-preneur, «Ora, non mi pare che la nostra civiltà si possa considerare un malato terminale in stato vegetativo, quindi sono radicalmente contrario a “soluzioni” di decimazione più o meno dolce, quali quelle proposte da associazioni usurpatrici dell’attributo di associazione umanistica, che inneggiano ad un genocidio di parecchi miliardi di esseri umani: per perseguire l’obiettivo di una popolazione terrestre di due soli miliardi, si dovrebbero ormai convincere al suicidio genetico almeno otto o nove miliardi di persone. Il modo per ridurre la popolazione terrestre a due miliardi, senza uccidere nessuno, però esiste, e lo stiamo dimostrando: espandendoci nello spazio geolunare, e progressivamente nel sistema solare, lo sviluppo industriale si sta spostando all’esterno, ed il nostro pianeta madre sarà trasformato in un bellissimo giardino dell’Eden, per venirci in vacanza, per quanti vorranno dedicarsi alla manutenzione del giardino, e per quanti preferiranno comunque restare ad abitare sulla Terra!»
Vittorio è un grande sostenitore del piano di Bezos di industrializzazione dello spazio, e vorrebbe applaudire, ma si trattiene, non avendo in realtà alcun desiderio di attaccare discorso con altri avventori. Inoltre non gli è chiaro se le regole del locale per educati consentano simili manifestazioni di consenso o dissenso nei confronti di trasmissioni OloTV. Se poi venisse riconosciuto, si troverebbe al centro di un’attenzione certo non desiderata. Intanto sullo schermo del suo UCD compare un messaggio di Marika: “Mi manchi già. Ti voglio… Dove sei?” L’emoticon delle labbra rosse esiste ormai da più di quarant’anni, in numerose varianti, ma gode ancora di un grande successo, per trasmettere l’emozione di un bacio che sia più di un bacino sulla guancia, se non un messaggio decisamente erotico.
Un cameriere umano ha appena disposto sul tavolino alcuni piatti decisamente invitanti. Molti ristoranti utilizzano ormai camerieri robot, dotati di sembianze abbastanza simili a quelle umane. Dopo una fase iniziale nella quale i camerieri robot hanno rappresentato un tratto di modernità, i ristoranti di lusso, o che vogliono essere chic, si fanno un vanto di utilizzare personale umano, per tutte le funzioni di contatto con il pubblico. Il cliente può scegliere da un menù olografico disponibile sul tavolo, ma gode dell’assistenza del cameriere o cameriera. Le cucine invece fanno grande uso della robotica e dell’intelligenza artificiale. Le ricette sono comunque quotidianamente riviste e aggiornate da grandi chef umani.
Di fronte al cibo, Vittorio non ha in genere altre priorità, ed anche in questo caso non manca di portarsi alla bocca una forchettata di un delizioso antispato caldo di mare, e di assaporare il tenerissimo polpo, insieme a sedano, avocado e lime. Il tutto insaporito da pepe macinato a mano ed altre spezie che non riesce ad identificare, ma che si accomodano nella sua bocca come se non fossero mai state altrove, dialogando in modo sublime con polpo, gamberetti e cozze. Tuttavia non può lasciare la sua dolce nuova amica senza una risposta, non vorrebbe che dovesse intristirsi, e cominciare a pensare a possibili alternative.
Dunque posa a malincuore la forchetta, morde un pezzetto da una fetta di pane casereccio sfornato da poco, e risponde: «Ciao dolcezza. Sono a Cagliari, sto cenando in attesa del volo per High Europe One. Ti penso molto, spero che possiamo vederci al più presto, ma non ti so dire per il momento quando.»
«Non so se ce la faccio ad aspettare.» Risponde subito lei «Non è che magari ti porti dietro una tuta sensoriale integrale?» Il messaggio si conclude con l’emoticon che strizza l’occhio e mostra la lingua. Le tute integrali sono progettate apposta per permettere a due persone lontane di condividere un’esperienza sensoriale pressochè completa. Dotate di sensori e attuatori su tutta la superficie interna, permettono alle persone collegate di scambiarsi tutti i movimenti, le pressioni, le carezze, i baci e le sensazioni tattili.
«Ottima idea! Vedrò se trovo qualcosa al duty free shop. Ti mando tanti baci.» Cuoricini come se piovesse. E poi torna a dedicarsi al suo antipasto: un delizioso misto di frutti di mare caldo, una zuppetta di pesce in bianco, condita con aglio e prezzemolo. Il cameriere intanto gli versa un delizioso Vermentino frizzante e gelato nel grande calice da vino. Vittorio non manca mai di ringraziare per queste attenzioni, e non si pone minimamente il problema se sia o no una manifestazione di bon ton. Men che meno osa dire al solerte cameriere che preferirebbe versarsi il vino da solo, dedicandosi a gustare il pasto senza ulteriori distrazioni.
Terminata la cena decisamente memorabile — tortiglioni in crema di zucca e scampi, seguiti da branzino in crosta di sale e patatine — si avvia verso il gate di imbarco del suo volo. Un grande schermo tradizionale 2D informa che il volo sarà operato dallo shuttle ULA “Buzz Aldrin”, una macchina in servizio già da cinque anni: un curriculum più che rispettabile, senza essere decrepita. Con gli shuttle orbitali non si era ripetuto l’errore commesso con i primi cinque space shuttle, che erano pezzi unici, mai più riprodotti, e che furono sfruttati ben oltre il dovuto, causando la perdita di due macchine su cinque, e dei relativi equipaggi.
Tutti gli shuttle orbitali moderni sono prodotti, sia pure in poche unità all’anno, mediante linee industriali, come era stato per la russa Sojuz, mantenuta tecnologicamente aggiornata per quasi ottanta anni mediante una sia pur modesta produzione industriale, ed aveva perciò continuato a volare nei lunghi anni intercorsi tra il pensionamento degli space shuttle superstiti e l’avvento dei moderni orbiter commerciali.
Sono ormai diverse le case produttrici: ai pionieri (Space X e ULA) si sono rapidamente aggiunti Blue Origin, Virgin Galactic con SpaceShipFive, Sierra Nevada con i suoi Dream Chaser, le europee Airbus ed Avio-Sitael. La britannica Reaction Engines con il suo Skylon ed i motori Sabre, era stata la prima a progettare un Single Stage To Orbit. Anche grazie alle modeste accelerazioni (pari o inferiori ai 2 G) che caratterizzarono fin dalle prime fasi progettuali le missioni Skylon, questa tecnologia apparve subito particolarmente adatta a supportare il trasporto di passeggeri civili nello spazio. Purtroppo il test della tecnologia Sabre, anche a causa dello scarso supporto ricevuto dal governo UK durante la travagliata vicenda della Brexit, si prolungò ben oltre le tempistiche auspicate, e fece sì che altri dealer, come Space X e ULA, arrivassero per primi ad iniziare i voli commerciali, per ironia della sorte utilizzando tecnologie molto simili. Se non, in molti casi, gli stessi motori Sabre, prodotti da Rolls Royce per la Reaction Engines e commercializzati sul mercato world wide.
Lungo il percorso verso il gate, Vittorio incrocia diversi duty-free shop. Uno di questi ha in bella mostra una tuta sensoriale integrale, ad un prezzo oscenamente elevato. Considerato che ne ha acquistata una, un paio di anni fa, in un momento di ottimismo da rete, e che tale attrezzo giace senza essere mai stato usato, a casa sua a Milano, Vittorio ci riflette un po’. Tuttavia altre considerazioni lo portano velocemente a decidere per l’acquisto. Le generose indennità di trasferta della NOP fanno sì che possa decisamente permettersi qualche spesa extra. E poi non vuole deludere il suo nuovo insperato amore. E poi potrà sempre lasciare la tuta nel suo appartamento sulla Stazione O’Neill One. Tre a uno, non c’è partita. Si rivolge così alla commessa, ed acquista il prodotto: una scatola morbida e poco voluminosa, che entra facilmente nello zainetto. La commessa, una biondina molto sexy e truccata alla moda, gli sorride maliziosetta nel registrare la transazione. Gli consegna il pacco ed accenna una strizzatina d’occhio. Vittorio sorride a sua volta, prende il pacco, lo infila nello zainetto e riprende il suo cammino verso il gate di imbarco del suo volo.
Proprio in quel mentre Elvi gli comunica che, ancora una volta, il piano di viaggio è cambiato. Deciso a non farsi più sorprendere di nulla, Vittorio apprende che gli è stato prenotato un posto sul Moon Express, uno shuttle NTP (propulsione nucleare termica), in grado di raggiungere L5 in un giorno, compreso il rifornimento su High Europe One. Non osa pensare al costo astronomico del biglietto, che del resto è affar suo: i costi di travel & subsistance del personale (incluso il program manager) peseranno sull’economia della commessa, di cui è responsabile. Avrebbe quindi preferito avere voce in capitolo nella valutazione delle urgenze e nella decisione di quali mezzi usare. Evidentemente Severine deve aver deciso che lui deve arrivare possibilmente ieri. “Ok” commenta tra sé e sé, “se la commessa deve andare in culo ci andrà, indipendentemente da quanto spendo per arrivare lì.”
Il caso ha voluto che l’unico volo previsto per la settimana in corso sia in partenza proprio oggi, in orario incredibilmente utile, e la segreteria IA della NOP non se l’è fatto scappare. Il gate è molto più vicino, rispetto allo shuttle sul quale pensava di imbarcarsi fino a poco fa, ed in pochi minuti Vittorio si trova a superare i controlli di sicurezza. Il che non è così semplice. Il Moon Express è un Two Stages To Orbit (TSTO) a decollo verticale. Secondo le normative vigenti non può utilizzare la propulsione nucleare a quote inferiori agli 800 km. Inoltre la propulsione nucleare non può essere utilizzata in un raggio di 300 km da qualsiasi infrastruttura orbitale civile. Il veicolo raggiunge quindi quota 800 km grazie ad un primo stadio riutilizzabile a propulsione chimica. Da lì in poi il motore NTP porta la navicella, in un tempo incredibilmente breve, a quota 36000 km. La decelerazione ed il progressivo accostamento all’orbita di High Europe One avvengono grazie al motore a propulsione chimica che equipaggia l’astronave, insieme all’NTP.
Il Moon Express è nato come trasporto militare veloce, quindi inizialmente destinato a trasportare astronauti e truppe della Space Force USA. I militari hanno compiuto passi da gigante in pochi anni, per quanto riguarda la manovrabilità inter-orbitale e la semplificazione delle procedure di accostamento ed attracco di veicoli e stazioni orbitali. Da qualche anno il Moon Express è diventato a grande richiesta anche un volo di linea, ancorché limitato a quattro corse mensili. Sono quindi ammessi viaggiatori civili, disposti a pagare un biglietto dal costo molto elevato. Ma ci sono altre complicazioni. Al gate di imbarco, viene chiesto a Vittorio di firmare una liberatoria, con la quale rinuncia ai suoi diritti civili, ed alle normali garanzie di sicurezza, che sono invece ormai assicurate su qualsiasi volo spaziale commerciale. Tutto questo gli sembra decisamente eccessivo, anche se sa che la NOP integra (questa volta di tasca propria, e non a carico della sua commessa) tutte le assicurazioni mancanti.
Insieme ad altre cinque persone, che perlopiù ostentano la sicurezza tranquilla di chi vola abitualmente su questo tipo di trasporti, sale su un ascensore che lo porta fino ad una specie di terrazzino ad altezza vertiginosa, dove si può entrare nell’astronave. Finalmente a bordo, viene accompagnato a sdraiarsi su uno dei dieci lettini a contenimento riservati ai passeggeri civili. Vittorio ha dovuto anche richiamare ed esibire il certificato di addestramento astronautico cui aveva dovuto sottoporsi anni prima. Il Moon Express, nelle diverse fasi del suo volo, accelera più volte a 5 G, il che richiede addestramento astronautico. Da parecchi anni a Vittorio non è più capitato di viaggiare su voli militari, e non può evitare di chiedersi se il suo addestramento sia ancora efficace, o se avrebbe dovuto rinfrescarlo di tanto in tanto. “Ormai è tardi per preoccuparsi” riflette. Intanto una hostess robot gli sta porgendo un bicchiere di succo d’arancia deliziosamente gelato. Mentre Vittorio ringrazia e si porta il bicchiere alla bocca, viene informato che la bevanda contiene un medicamento che aiuta l’organismo non addestrato a sopportare le accelerazioni superiori ad 1.5G.
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