5) Madre nostra, che sei nel cloud…

Stazione Hyperloop Assago – Vittorio – D01-30/10/2042

«Continuando a controllare nervosamente l’agile robot portabagagli, una specie di trolley semovente che lo segue a brevissima distanza, Vittorio sta per entrare nel varco di controllo bagagli a mano della stazione di Milano. Il treno hyperloop lo porterà in circa trenta minuti fino a Cagliari, dove si imbarcherà sullo shuttle destinato al gateway in orbita bassa. Da lì un trasporto geo-lunare a propulsione iperionica lo porterà a destinazione, su Stazione Cisluna O’Neill One. L’intero viaggio non prende più di 48 ore. Ma è comunque uno sbattimento notevole. Vittorio si sobbarca questa routine da parecchi mesi, facendo la spola tra Milano, Ginevra e la stazione cislunare, quando non è chiamato anche ad incontrare i partner americani, ed in quel caso il giro si allunga fino a New York nel migliore dei casi, Los Angeles o Portland Oregon nei peggiori. Data la sua posizione di program manager tutti si ritengono autorizzati ad accollargli ogni sorta di problemi, domande, e pretese che il più delle volte non possono essere soddisfatte, almeno non nei tempi richiesti. Da qualche minuto la parte di Elvi che viaggia sempre con lui, collegata alla “madre” che risiede da qualche parte nel cloud (… madre nostra, che sei nel cloud…) cerca inutilmente di attrarre la sua attenzione a proposito di almeno tre comunicazioni in attesa.
Vittorio ha imparato recentemente ad ignorare queste sollecitazioni finchè non ha terminato quello che sta facendo. Di natura gentile ed attenta alle persone, e rispettoso del tempo di tutti, Vittorio ha passato la vita a rispondere immediatamente, accettando tutte le interruzioni. Ma ultimamente crede di aver capito che molti dei suoi guai sono dovuti al suo bisogno patologico di mettersi sempre nei panni degli altri, fino a dimenticare i propri. Si è quindi convinto che dovrebbe imparare un po’ di sano egoismo. La sua nuova regola vorrebbe che ignorasse le pressanti richieste della sua PAI, almeno fino a quando si troverà a valle del controllo di sicurezza. Ma qualcosa a margine della coscienza lo consiglia di rispondere. Mentre sta per dire la parola “avanti”, che lascerebbe entrare le comunicazioni in attesa, sente il suo nome scandito dal sistema audio della stazione «L’ing. Fargenti è pregato di recarsi urgentemente al gate 5B.»
Qualcosa non quadra. Il suo treno parte dal gate 23C, che si trova a valle del varco di sicurezza in cui si appresta ad entrare. Il 5B sta in tutt’altra parte della stazione.
«Dev’esserci un errore» pensa, ma intanto decide di recarsi ad un posto informazioni o almeno di mettersi in comunicazione direttamente, attraverso la rete della stazione. «Elvi, mettimi in comunicazione con il Centro Viaggiatori.» Ottenuta la comunicazione, Vittorio scopre che il suo viaggio verso Cagliari è stato annullato, e deve recarsi immediatamente a Ginevra. Partenza dal gate 5B.
Costituzionalmente incapace di arrivare in ritardo a qualsiasi tipo di appuntamento, quale che sia il livello di importanza, Vittorio appartiene ad un raro tipo umano, o forse addirittura si tratta di un esemplare unico, uscito da chissà quale improbabile esperimento dell’evoluzione. È come se un orologio interno, un sistema che aggiusta automaticamente qualsiasi circostanza, permettesse a questo tipo di individui di spaccare sempre il secondo. Quando tale caratteristica si applica ad una persona come Vittorio, di professione manager di grandi progetti, le conseguenze per il malcapitato sono addirittura devastanti. Per quanto il poveretto cerchi di uniformarsi alla norma, e rispettare i canonici 15-30 minuti di ritardo, in genere non ci riesce proprio. Il fatto di essere sempre vergognosamente puntuale è causa di drammatiche cadute di stima da parte di colleghi e sottoposti, che lo giudicano invariabilmente uno che, non avendo un cazzo da fare, è sempre pronto, a disposizione di chiunque. Mortificante. Ma c’è dell’altro. Questa deleteria ed implacabile puntualità finisce per applicarsi anche ai progetti gestiti dall’ingegnere. In genere le deadline vengono rispettate. I pacchetti di lavoro e le relative documentazioni previste per le diverse milestone di progetto sono in genere pronti per le date programmate. Ciò non manca mai di causare enorme sconcerto e costernazione nei colleghi, nei superiori e finanche nei clienti. Può sembrare strano che il cliente non sia contento quando l’oggetto di un contratto viene consegnato in tempo. Ma non lo è: il cliente è incredulo, e sospetta che la fornitura non sia completa. Si aspetta di scoprire, magari dopo il collaudo finale, durante la vita operativa del sistema, chissà quali orrende lacune. Figure come quelle dell’ing. Fargenti sono quindi costantemente circondate da un’atmosfera di diffidenza, incredulità e sospetto. Per non parlare dell’invidia e delle maldicenze. La sua carriera quindi, anziché una sequenza di successi, in una appagante atmosfera di generale apprezzamento, si è sviluppata stentatamente, ed in genere è stato chiamato a posizioni di responsabilità solo nei casi disperati, quando rispettare le scadenze appariva una questione di vita o di morte. Più spesso è stato relegato a compiti esecutivi. Non che la cosa gli sia dispiaciuta, dato che Vittorio adora creare personalmente e costruire qualcosa di bello e ben funzionante. L’aver sempre portato a casa il risultato, quali che fossero le criticità del progetto, non è comunque servito a migliorare l’immagine del nostro: rimane un personaggio chiacchierato, che tutti non vedono l’ora di cogliere in fallo.
Vittorio, a sessant’anni suonati, capisce benissimo tutto questo. Ma ormai è tardi per cercare di forzare se stesso e acquisire quel rassicurante abito ritardatario che tanto rassicura e piace ai più. Dentro di sé si fa un vanto della propria straordinaria capacità di rispettare i tempi. Ebbene sì, egli coltiva un certo snobismo, che talvolta non può fare a meno di trasparire all’esterno, contribuendo ulteriormente alla sua immagine presuntuosa e antipatica. Una parte assurda ed irragionevole della sua personalità si considera al di sopra della media, una specie di nobile per caratteristiche genetiche, e non ha dubbi che le sue capacità sarebbero prima o poi state messe al servizio di un compito di classe superiore, dal quale forse dipenderà il destino di grandissime imprese e di popolazioni intere.
E comunque non può farsene una ragione: tardare all’importantissimo meeting di test readiness lo fa infuriare terribilmente. Poco importa che la causa del dirottamento a Ginevra sia evidentemente un blitz del suo capo.
Si avvia dunque con le spalle un po’ curve e la testa involontariamente incassata verso il fottuto gate 5B, ed intanto apre la comunicazione. Quello che risuona immediatamente nelle sue orecchie, a priorità massima, è un laconico messaggio del capo Severine Mouiller, CEO della Not Only Planets: «Vedi di portare subito qui le chiappe!»
È quindi chiaro: ciò che l’insolitamente irritata signora intende discutere non è cosa che si possa affidare alla comunicazione in rete, per quanto criptate possano essere le conversazioni e i messaggi scritti. La seconda è invece una chiamata vocale, in paziente attesa da diversi minuti. «Ciao Vittorio, stai arrivando?» Si tratta del capocantiere, Rafael Cabrales.
«No, Raf, devo prima andare a Ginevra, dal capo. Sa Dio quando riesco ad arrivare.»
«Cazzo! Qui è già arrivato il mondo, e sono tutti nervosi. Ovviamente il meeting non potrà iniziare senza di te.»
Vittorio comincia a spazientirsi, ha una lista infinita di messaggi da inviare e di persone da rassicurare, a causa del cambiamento di programma, incluso il cliente, che non sarà certo felice del ritardo. «Va beh, vieni al sodo. Non ho tempo per la conversazione.»
All’altro capo Cabrales rimane in silenzio per qualche secondo. Vittorio glie lo concede senza mettergli fretta, sa che il catalano a questo punto sta lavorando di sinapsi, per massimizzare le informazioni minimizzando il tempo. «Oggi è venuto a parlarmi Sammy, il capo dei test engineer. È molto preoccupato. Sembra che diverse AI del livello 4 continuino a suggerire test case che non hanno riscontro nella documentazione di requisiti.»
Vittorio si ferma in mezzo al passaggio… «Mmh… niente di buono, significa che le AI sono state implementate in eccesso, rispetto ai requisiti contrattuali, e noi non ne sapevamo niente. Un bel casino. Adesso dovremo spendere altro tempo per definire le procedure di test e per testare quanto implementato… e mi gioco la palle che il cliente non vorrà pagare i superi, limitandosi a gustare le funzionalità in più, implementate da qualche zelante figlio di puttana che vuole mettersi in mostra!»
«Magari fosse così semplice. Non ti ho ancora detto tutto. Le AI implicate sono tutte quelle sviluppate da uno stesso fornitore esterno, la Orion System Engineering, GMC, un subfornitore della Ansible Synopsis, Ltd, il fornitore di tutto il megasistema di Livello 5… chissà perché non mi sorprende…» Si tratta della stessa azienda cui Vittorio ha appena sospeso i pagamenti. La questione si complica, con l’aggiunta di nuovi motivi di contenzioso. Ringrazia e saluta velocemente Cabral, e prosegue di buon passo verso il gate 5B.
«Ma stia attento! Cafone!» L’impatto non è stato particolarmente violento, ma la signora sembra intenzionata a dare in escandescenze. Camminando soprappensiero, Vittorio ha urtato quasi frontalmente una bella donna. Elegante e non priva di una certa classe, non può fare a meno di notare, osservando con preoccupazione il fiero cipiglio con cui lei lo sta scrutando, con l’evidente espressione di chi pretende scuse immediate, dettagliate ed esaurienti. Vittorio rimane per qualche secondo impacciato, osserva qualche altro secondo (un po’ troppo) la signora, e fa il possibile per non lasciar trasparire la propria ammirazione. Di età difficile da decifrare, benché sia truccata molto poco, secondo la moda minimalista che prevale da qualche anno, non abbassa lo sguardo, e lascia balenare tra le ciglia un bagliore azzurro-verde che affascinerebbe anche un anaffettivo totale… Vittorio cerca di decidere se deve lasciar prevalere l’irritazione per l’insulto ricevuto, oppure la lusinga per averlo ricevuto. Quando un uomo ha superato i sessant’anni, essere apostrofato in quel modo da una donna significa… come dire, essere considerato ancora competitivo!
«Ehm, signora, la prego di scusarmi, ero sovrappensiero. Sa come succede, problemi di lavoro.»
«Eccome se lo so!» prorompe la signora, «Lei mi ha proprio interrotto mentre stavo scrivendo un pezzo per il mio giornale…»
«Uh… lei riesce a scrivere mentre è in transito in una stazione ferroviaria?»
«Io scrivo sempre, caro signore, anche mentre dormo!»
Vittorio non riesce a reprimere un piccolo sorriso, che gli compare un po’ di traverso, tra bocca e naso. La sua controparte, che fin dalla parola “scusa” aveva come per magia iniziato ad ammorbidire la propria espressione, non trattiene a sua volta un piccolo sorriso malizioso… «Cosa…? Vorrebbe sapere se scrivo anche quando… non dormo?!»
«Per farmi perdonare, potrei offrirle un caffè?» Da vero gentiluomo, qual è, Vittorio si affretta a ricambiare il sorrisetto malizioso, tanto per far capire che, pur gradendo la rottura del ghiaccio, sa bene come evitare imbarazzi ad una signora, e nello stesso tempo evitare di passare per un allupato, che si getta su qualsiasi vaga allusione sessuale. E però butta lì la sua garbata proposta, facendo qualche calcolo mentale, per capire se il tempo di un caffè può rientrare nella sua agenda, già estremamente complicata.
«Un caffè? Magari…» Vittorio tende la mano «Sono Vittorio Fargenti» e lei l’afferra subito, con presa salda e piena, senza manifestare alcuna fretta di districarsi.
«E io Marika Nestori… aspetti… il suo nome non mi è nuovo, dove l’ho già sentito?…»
Solleticato nella propria vanagloria di notorietà, Vittorio le lascia tempo di pensare, con espressione lievemente divertita.
«Su, non stia lì come un merluzzo, mi dica chi è! Quella faccia insolente non mi è nuova… forse l’ho vista in HV[1], ma adesso mi sfugge… grave, per un medialista!»
Vittorio ritira la mano, l’espressione di vaga beatitudine si dilegua istantaneamente, riassume un piglio professionale, e declina diligentemente le proprie prerogative. «Sono program manager alla Not Only Planet Corporation.»
«Ecco chi è! Lo sapevo! Lei costruisce la città cislunare! Cazzarola! che colpo di fortuna!»
Adesso Vittorio si rende conto che un qualsiasi medialista farebbe carte false per la possibilità di scucirgli qualche indiscrezione circa lo stato reale dei lavori della Stazione Cislunare O’Neill One. O anche solo, in mancanza di meglio, per qualche succoso pettegolezzo. “È chiaro che adesso questa non mi si scolla più” riflette. Non che la cosa gli dispiaccia, ma non ha già abbastanza gatte da pelare? Così ragionando, tuttavia si incammina. Marika, con graziosa mossa felina, lo ha preso sotto braccio. Tac tac tac, risuonano i tacchi delle sue belle scarpe eleganti, mentre lo pilota verso il bar.
All’imbarco del treno per Ginevra mancano ancora 25 minuti. C’è tutto il tempo. Non sa perché, contro qualsiasi logica, Vittorio si sente rinfrancato, come se quell’incontro fosse proprio ciò di cui aveva bisogno, per ridare un colore piacevole alla giornata, altrimenti quantomai frustrante… Cionondimeno si sente in colpa: nei tempi morti del viaggio pensava di lavorare sulla presentazione per il meeting, e di scrivere qualche dozzina di messaggi ad altrettante persone preoccupate del ritardo del meeting. Ma 25 minuti non sarebbero comunque sufficienti. E poi non è detto, a questo punto, che il meeting non sia del tutto rimandato.
Vittorio sente la vicinanza della donna, e la cosa non gli dispiace affatto. Da quanto tempo non ha occasione di un incontro con un essere umano dell’altro genere? “Mi sono limitato a fantasticare sulle proposte di partner virtuali, ma un incontro fisico ha ben altro sapore… il destino che torna a farsi vivo, nonostante l’età non più verde… Beh, perché il destino non c’entra nulla negli incontri virtuali?” non può evitare di argomentare tra sé. Sì, ma è come se in un incontro reale il destino ci mettesse più impegno… cazzate.
Intanto la bella medialista Marika ha continuato a macinare argomenti, come se lo conoscesse da chissà quanto! Anzi, adesso tace e lo guarda con espressione interrogativa. Evidentemente gli ha fatto una domanda, che lui non ha sentito…
«Mi perdoni Marika, ero soprappensiero. Mi capita sempre più spesso…» aggiunge, perché lei non pensi di essere trascurata nel suo argomentare. “Trascurata?? Ma dai, non è mica la tua fidanzata!” E subito si imbarazza, persino un lieve rossore si fa strada sulle guance, almeno nella parte non occupata dalla barba mai più lunga di due millimetri che gli copre la parte inferiore della faccia.
Lei non manca di notarlo: «Ooh My God… un uomo che arrossisce… Devo proprio conoscerla meglio!» Si è fermata, gli ha stretto il braccio con tutte e due le mani, ed ha un’espressione come una ragazzina che ha trovato la sorpresa che sperava nell’uovo di Pasqua. Vale a dire che sorride con tutto il viso, dal mento fino alla radice dei capelli. E l’effetto è davvero incantevole. Vittorio è confuso. Lei gli scocca un bacio sulla guancia sinistra, molto vicino all’angolo della bocca. Una ridda di emozioni di cui aveva perfino scordato l’esistenza teorica gli attorciglia lo stomaco e spinge ulteriormente la sua circolazione sanguigna ad irrorare i capillari delle guance. E non solo.
È la volta di Marika di cadere preda dell’imbarazzo, che però evidentemente sa gestire molto meglio del suo occasionale compagno di viaggio: «Ma che cosa mi sta succedendo… si direbbe un colpo di fulmine…» mormora quasi fra sé e sé, ma Vittorio la sente, ed una parte della sua mente, quella raziocinante, vorrebbe suggerire cautela. Ma un’altra parte, quella che sta esultando e che pregusta un crescendo di intimità con la bella signora, prende rapidamente il controllo. Vittorio si posiziona di fronte a Marika  ̶  sì, a quanto pare si sente già, nei suoi pensieri, di chiamarla addirittura per nome!
L’abbraccio nasce spontaneo. I due vi si abbandonano, mentre flussi di viaggiatori scorrono sui fianchi, qualcuno visibilmente infastidito dall’ingombro. È un abbraccio di cui evidentemente ambedue avevano bisogno, da tempo. Non sanno perché, ma sembra che ciascuno dei due si possa fidare di, se non affidare a, quell’abbraccio. Che niente di male ne potrà venire. Senza sciogliere l’abbraccio si guardano con un mezzo sorriso, e si scambiano un lieve bacio sulle labbra. Non si tratta di un bacio lingua in bocca, che prelude ad ulteriori surriscaldamenti. È piuttosto un bacio tenero, a fior di labbra, che nessuno dei due prova ad estendere, quasi a volerne conservare la poesia.
«Di che segno sei?» Chiede stupidamente lui, quasi a voler rompere l’incantesimo. «Acquario», dice lei, «e tu?» «Cancro».
Lei ha adesso in faccia un’espressione di finta(?) irritazione giocosa: «Lo sai che Cancro ed Acquario sono una delle peggiori unioni dello Zodiaco?». «Ce ne faremo una ragione» conclude filosoficamente lui. Intanto hanno ripreso il cammino, e sono arrivati al bar.

[1] HV = HoloVision, televisione olografica 3D


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